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D'Abruzzo

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MISERERE
Immagini e suoni della Settimana Santa in Abruzzo

Testo di Emiliano Giancristofaro

Le Confraternite sono associazioni antichissime. Sorgono nell’alto medioevo e nascono all’interno delle Chiese con lo scopo di incrementare il culto, le pratiche di pietà e le opere di misericordia. Con il tempo si trasformano in vere istituzioni laico-religiose per l’assistenza ai malati, ai pellegrini, ai carcerati, ai bambini abbandonati, ai moribondi, alle malmaritate e ai bisognosi in genere.
Ogni confraternita aveva un proprio Statuto, un codice di comportamento e una struttura e una propria identità. I diversi sodalizi si riconoscevano (ma si riconoscono ancora oggi) dal tipo di abiti che indossavano, dai contrassegni che avevano e dai gonfaloni che sfilavano nelle processioni secondo un ordine stabilito dalla prassi e dall’antichità.

Si differenziano dalle Congregazioni religiose e dagli ordini monastici in quanto i componenti non emettono i voti solenni, non vivono in comunità e non sono tenuti a un’adesione perpetua. Sono quindi associazioni laiche, che si richiamano al sentimento di fratellanza, da qui il titolo, e sono fondate sul volontariato.

Per il raggiungimento dei fini statuari, i consoci non sono tenuti a impegnare il loro patrimonio né tutto il loro tempo, ma solo quanto viene loro richiesto.

La mancanza del fine di lucro le differenzia inoltre dalle Corporazioni di Arti e Mestieri che pure nascono più o meno nello stesso periodo e talvolta su suggerimento delle chiese locali.

Tra le Corporazioni e le Confraternite ci sono comunque diversi punti di contatto in quanto tutte e due sono associazioni volontarie, obbediscono a degli Statuti, spesso si riuniscono all’interno delle chiese, per lo più dedicate ai santi protettori dell’arte, e hanno dei gonfaloni e dei gagliardetti di riferimento. Le corporazioni si differenziano però dalle seconde perchè sono associazioni professionali, si pongono come interlocutori nel mondo del lavoro e nei rapporti con la Chiesa e con le amministrazioni locali e non accettano altri soggetti rappresentativi nei conflitti di natura salariale. Gli obiettivi principali erano due: mantenimento dell’uguaglianza economica tra i membri e monopolio dei segreti dell’arte.

Mentre le Corporazioni di arte e mestieri si svilupparono nelle grandi città, provocando talora momenti di contrasto e di lotta con le varie istituzioni, le Confraternite si diffusero in modo particolare nelle campagne per quel forte richiamo alla solidarietà sociale. Non proponevano alcun tipo di vita religiosa e non si escludevano fra di loro. Per la loro erezione era sufficiente avere un titolo, per lo più desunto dagli attributi di Dio o dai misteri della fede o dalle feste del Signore e della Madonna o dei Santi o dallo scopo stesso dell’associazione. Gli obblighi che i soci erano tenuti a rispettare consistevano soprattutto nel partecipare alle sacre funzioni, indossando l’abito e portando le insegne previste.

Le odierne Confraternite, quelle ancora operanti sul territorio, hanno in gran parte perduto il fascino d’un tempo quando i soci indossavano il sacco bianco, come simbolo penitenziale di contrizione, percorrevano le vie della città invocando la pace tra guelfi e ghibellini, tra patari e catari, tra valdesi, arnaldisti e albigesi, raccoglievano le offerte per i poveri e i defunti ecc.

Le crociate rappresentarono anche in Abruzzo un momento importante per la diffusione del fenomeno, ma le confraternite non si identificarono mai con gli Ordini Cavallereschi anch’essi nati per difendere la fede, i luoghi santi e la virtù delle donne.

I Templari ad esempio si diffusero in Abruzzo in considerazione del fatto che il loro fondatore, Ugo di Paganini, pur essendo lucano di nascita ebbe numerosi feudi nella nostra regione come Moscufo, Spoltore, S. Valentino, Vicoli, Villanova ecc. I Templari abruzzesi inoltre ereditarono numerosi conventi abbandonati dai benedettini.

Tra essi e le fraternite c’era comunque una inconcigliabilità di fondo. A dispetto dei primi che vedevano nello scontro e nella battaglia un’avventura umana rischiosa ma eroica, tragica ma esaltante, le confraternite avvertivano il peso della caduta e il dramma della sconfitta. Non erano cioè animate dalla bramosia di conquista né dall’ideale di gloria. Giudicarono sempre nagativamente la violenza e le guerre come altrettanti momenti di rottura dell’ideale comunitario.

Tutto questo però non significa che le confraternite caddero sotto l’influenza dei millenaristi che trovarono in Gioachino da Fiore il loro ideologo e massimo esponente anzi le più importanti confraternite sorsero in Italia e in Europa proprio quando secondo i calcoli millenaristi il mondo doveva finire.

In Abruzzo la più antica confraternita sembra essere quella teramana dei Disciplinati (poi Cinturati) nata, secondo il Palma, in città e successivamente quella dei Disciplinati di S. Leonardo a L’Aquila, i cui Statuti, secondo M. Zuccarini, furono approvati nel 1267 dal Papa Clemente IV.

In molti casi le confraternite costituirono la risposta laica alla diffusione dei Terz’Ordini religiosi promossi nel XIII secolo dai francescani e dai domenicani che, come è noto, non si isolarono nei conventi e nelle abbazie lontani dai centri sociali ed economici, ma produssero una intensa opera di riconquista cristiana, colmando il divario che si era venuto a creare tra il clero secolare e la massa dei fedeli. E mentre i domenicani si assunsero il compito di ricostruirli all’ortodossia mediante la predicazione, i francescani si impegnarono in una intensa opera di evangelizzazione, invocando la riparazione dei torti e proponendo a tutti il perdono delle offese ricevute come segno di riconciliazione e di pace.

A differenza delle Confraternite che non propongono alcun modello di vita religiosa, i Terz’Ordini mirano alla perfezione cristiana secondo lo spirito dell’Ordine cui sono aggregati ed osservano le norme stabilite dalla Santa Sede. Sono pertanto dei veri ordini religiosi secolari, ideati per soddisfare quanti, pur desiderosi di seguire S. Francesco o S. Domenico, intendevano però restare nel mondo, avere famiglia e amministrare i beni ricevuti in eredità. I confratelli pertanto sono chiamati a esprimere voti solenni e a rispettarli per tutta la vita.

Il diritto canonico tenendo conto della varietà dei sodalizi stabilisce: "Le associazioni di fedeli erette per l’esercizio di qualche opera di pietà e di carità si chiamano pie unioni; esse, se costituite come corpo organico si chiamano sodalizi; i sodalizi eretti anche ad incremento del culto pubblico si chiamano col nome particolare di confraternite" (Can. 707).

Teoricamente è possibile passare da un’associazione all’altra ma non a iscriversi a tutte per evidenti ragioni di concretezza ma anche di regolamenti interni. Diverso è il discorso per quanto riguarda l’accesso.

Nel passato le iscrizioni erano di fatto sbarrate da tutta una serie di ostacoli in relazione alle affinità, al prestigio e ai privilegi spirituali e pratici concessi o dai sovrani o dalle autorità ecclesiastiche in godimento alle singole associazioni. I casi di esecuzione maggiormente ricorrenti erano: eresia, usura, condotta scandalosa. A questi i diversi statuti aggiunsero intere categorie sociali come i birri, i soldati, gli osti, i servi, le prostitute, i famigli e talora anche i monaci e i frati.

In Abruzzo la Confraternita aquilana di San Tommaso, che raccoglieva l’Arte de’ Letterati, richiedeva a quanti intendevano essere ammessi alle riunioni la dimostrazione di aver dato sempre prove di onestà, di correttezza e di carità.

Dovevano inoltre sottoporsi a defatiganti esercizi di pietà e a costosi atti di beneficenza. Coloro che venivano meno ad uno di questi atti, dopo una prima ammonizione, venivano inesorabilmente radiati dall’albo dei confratelli.

Nell’Italia meridionale e quindi in Abruzzo le confraternite più diffuse furono quelle cosiddette della Buona Morte o del Monte dei Morti ed avevano una struttura organizzativa simile a quelle fiorentine ma con finalità socio-religiose assai vicine agli obiettivi sanciti dai confrates della chiesa salernitana.

Le Confraternite del Suffragio ai soci in regola garantivano in caso di morte il godimento oltre i benefici ecclesiastici e spirituali previsti, anche la partecipazione dei confratelli alle esequie, le messe speciali, i gonfaloni davanti al feretro e almeno per un certo periodo di tempo un’assistenza economica ai familiari superstiti che si trovavano in gravi difficoltà.

Laddove mancavano confraternite specifiche questi compiti venivano assolti da altre associazioni esistenti nell’ambito parrocchiale. A Teramo la trecentesca Confraternita della Spirito Santo oltre a gestire un ospedale in proprio si occupava dell’assistenza ai condannati a morte, della loro sepoltura nella cripta della chiesa o dell’eventuale loro trasporto nei paesi d’origine.

Perdeva ogni diritto i soci che per disaffezione o per negligenza non partecipavano alle riunioni, non rispettavano gli ordini o non versano i contributi stabiliti per il mantenimento della sede, per l’abbellimento della chiesa, per gli onorari del parroco, del sagrestano, dell’eventuale organista e per l’acquisto delle candele e dell’olio ecc. A quelle periodiche, bisognava inoltre aggiungere le contribuzioni straordinarie, deliberate in caso di peste, carestie, terremoti e quelle per la costruzione di altre cappelle, per la dotazione degli ospedali o per altre forme di carità.

Queste continue richieste di denaro, come i frequenti lasciti testamentari, le rendite fondiarie, immobiliare e pecuniarie, unite ai privilegi ecclesiastici per attirare l’attenzione delle amministrazioni locali e dei governi centrali che cercarono in tutti i modi di limitarne il flusso e l’abuso.

I Comuni infatti rimproveravano alle confraternite di sottrarsi al fisco e per dimostrare che facevano sul serio spesso ricorrevano al potere giudiziario.

Neanche il Concilio di Trento, che pure ebbe a riconoscere un qualche interesse dello Stato nell’attività delle confraternite, pose fine alle polemiche. I padri conciliari infatti si limitarono a riordinarle sul piano territoriale e istituzionale al solo fine di meglio sottoporle all’autorità degli ordinari diocesani. La stessa Commissione napoletana, presieduta dal Villani, incaricata di valutare i decreti conciliari dal punto di vista statale non andò oltre la presa d’atto, lasciando ai Parlamenti locali la possibilità di inviare dei revisori per la verifica dei bilanci annuali.

Nel corso del Cinquecento in tutt’Italia e nell’Europa cristiana le confraternite svolsero un’importante azione di recupero contribuendo non poco a limitare i danni della protesta luterana.

Le Compagnie del Divino Amore, che operano in modo particolare nelle grandi città, si impegnarono ad esempio in una grande opera per il rinnovamento della Chiesa, per la preparazione dei sacerdoti e per lo sviluppo delle opere sociali.

Si devono a loro la costruzione degli ospedali per i malati incurabili e delle case di accoglienza per le donne povere, per i fanciulli abbandonati e per gli anziani inabili al lavoro.

Nell’Italia meridionale e in Abruzzo si diffusero in modo particolare la Confraternite del Carmine, del Rosario e del Santissimo Sacramento. Queste ultime due furono promosse dall’Ordine dei Domenicani. In Aquila le più importanti furono le confraternite dei Cavalieri (1647), del SS.mo Nome di Maria (sec. XVIII), della Morte e di S. Giacomo (1564) e del Rosario; a Teramo quelle dell’Annunziata (1528), di Sant’Antonio da Padova, di S. Maria della Lacrima all’interno della Chiesa dei carmelitani (1535), del SS.mo Sacramento e del Rosario. Altri sodalizi prestigiosi nacquero a Sulmona come quelli del Carmelo (sec. XVII) e del Suffragio (sec. XVI), a Penne, a Lanciano dove sorsero la Confraternita della Frusta (1603) e quella di S. Pantaleo (1615) retta all’interno dell’omonima Chiesa, mentre a Chieti si affermarono le Confraternite del Monte dei Morti, del Santissimo Sacramento, del Salvatore e del Crocifisso, del Rosario ecc.

Le confraternite del Sacramento comunque furono le più prestigiose e quelle che anche in Abruzzo si diffusero maggiormente specie dopo che nel 1539 il Papa Paolo III, costituendole le arricchì di particolari privilegi. Esse promossero la frequenza quotidiana dei fedeli alla Messa e all’Eucarestia e i suoi soci furono autorizzati ad accompagnare i sacerdoti nelle processioni teoforiche. Una pratica che in alcuni paesi della regione resiste ancora oggi e la cui partecipazione soprattutto nel passato fece la fortuna di parecchi candidati alle elezioni politiche.

Non mancarono in Abruzzo neanche i casi di confraternite elitarie e riservate ai ceti più abbienti. Nell’aquilano e nel teramano le Confraternite dei Nobili si protrassero fino alle soglie della rivoluzione francese e in certi casi si mostrarono come espressioni di un potere alternativo a quello comunale.

Nonostante le apparenze e il principio di solidarietà che li animava, le Confraternite non si caratterizzavano mai come un modello di democrazia anche se ne ebbero tutte le caratteristiche. Potevano essere guidate da uno o più ufficiali e i nomi maggiormente ricorrenti erano quelli di priore, rettore, governatore, camerlengo, massaro, ministro, capitano ecc.

Le elezioni erano valide quando le votazioni si erano svolte in forma segreta e l’eletto aveva ottenuto la maggioranza assoluta dei voti dei presenti. Gli assenti non venivano mai conteggiati e non potevano esprimere alcuna preferenza neanche per delega. A tutti i soci era consentito criticare liberamente l’operato dei dirigenti, tutti potevano aspirare alle cariche sociali, ma la responsabilità personale ed economica era del priore.

Le cariche avevano una durata che andava da un minimo di quattro a un massimo di un anno. Il priore, il prefetto e i suoi consiglieri o assistenti erano chiamati ad amministrare i beni del sodalizio, a organizzare le feste statuarie, a tenere in ordine i verbali delle riunioni e a compilare i bilanci annuali da sottoporre all’assemblea generale per l’approvazione e ai revisori per la verifica.

Per diventare soci non c’era una regola valida per tutti e in ogni tempo. Generalmente l’aspirante candidato, prima di essere votato a scrutinio segreto, veniva sottoposto ad un esame rigoroso riguardante tutti gli aspetti della sua vita pubblica e privata. I soci dall’altra se volevano godere indulgenze, i privilegi e i servizi statutari dovevano essere in regola con le quote sociali. Non venivano prese in considerazione le domande dei soci assenti o di quelli in "articulo mortis" perchè c’erano obblighi severissimi da assolvere e tra questi l’osservanza scrupolosa dei comandamenti divini, la proibizione del gioco, il divieto di frequentazione delle taverne e delle osterie, l’impegno di visitare o di assistere gli infermieri, di recitare le preghiere e gli uffici giornalieri ecc. Talvolta era anche prevista la confessione pubblica e ad alta voce e tal’altra la partecipazione al banchetto sociale in ricordo delle antiche agape cristiane. In alcuni statuti inoltre erano previste delle norme specifiche che vietavano ai soci di far ricorso, almeno in prima istanza, all’autorità giudiziaria. Nelle vertenze il diritto ad una composizione amichevole veniva riservato agli organi delle confraternite che così si andavano a costituire come una vera e propria giurisdizione morale.

Il forte senso di autonomia da cui erano animate spesso li portò in contrasto non solo contro le autorità civili ma anche contro le stesse parrocchie nel cui ambito agivano. Si sentivano in qualche modo delle piccole parrocchie elettive in contrasto con quelle cosiddette "amministrative" perchè sottoposte alla tutela degli ordinari diocesani. Altrettanto difficili risultarono all’interno delle città i rapporti tra le diverse confraternite per via delle ritornanti questioni legate alla "precedenza" in occasione delle processioni o delle grandi manifestazioni pubbliche.

Nel periodo del riformismo europeo, anche per venire in aiuto alle mutate esigenze del mondo del lavoro, le confraternite accentuarono l’aspetto sociale della loro azione e si configurarono come delle società laiche di assicurazione o di muto soccorso. Ne nacquero moltissime, qualche volta anche senza regole, frutto dello spontaneismo filantropico per cui furono di breve durata e senza esperienze.

Per mettere ordine in questo mondo confraternale così complesso e suscettibile, i governi centrali emanarono dei provvedimenti che spesso produssero ulteriori motivi di conflitto.

Nell’antico regno di Napoli ad esempio il Tanucci impose a tutte le confraternite di presentare al governo i loro statuti e di chiedere il regio assenso prima di poter operare come un qualsiasi ente giuridico sul territorio.

Tra il 1761 e la fine del secolo molte confraternite abruzzesi ottennero il riconoscimento, altre caddero e altre ancora, quelle più piccole, furono accorpate ad altre dando luogo al fenomeno delle arciconfraternite che produssero nuovi problemi.

Le leggi napoleoniche nel periodo francese, pur non abolendole le ridimensionarono notevolmente, incamerandone i patrimoni, e lasciando sopravvivere solo le confraternite di culto o erette in onore del SS.mo Sacramento. Le altre furono sottoposte al potere civile o per il fine a cui erano preordinate (beneficenza) o perchè sprovviste di erezione canonica (enti locali).

Nel corso dell’Ottocento infine mano a mano che il processo di laicizzazione delle opere di beneficenza procedeva e nasceva l’assistenza pubblica, le associazioni religiose perdettero gran parte del loro potere e del loro fascino.

Attualmente di quel mondo così importante ma anche così fantastico non resta che il ricordo delle suggestive processioni notturne (del venerdì Santo e L’Aquila e a Chieti) e antelucane (del giovedì Santo a Teramo) e delle grandi opere d’arte custodite nelle chiese e negli oratori. Le confraternite infatti svolsero un importante ruolo nello sviluppo dell’arte e della letteratura, della pittura e della musica. Influenzarono l’arte perchè le cappelle e gli oratori furono abbelliti dai pittori e dagli scultori, influenzarono la musica perchè le laudi non erano lette ma cantate. Le laudi drammatiche come le sacre rappresentazioni e le cantate, influenzarono anche la vita civile perchè gli aspetti religiosi si mescolavano a quelli profani per i frequenti riferimenti alla quotidianità da cui spesso gli autori prendevano lo spunto.

 

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