D'Abruzzo

Dati Catastali

Nome e sigla: A 32 - Inghiottitoio di Luppa o Grotta di Luppa
Provincia: L’Aquila
Comune: Sante Marie
Posizione: Lat. N. 42°07’12” – Long. E. (M.Mario) 0°42°12” – Quota: m 857 s.l.m.
Sviluppo attuale: circa m 2.000
Profondità: m -174 c.ca

Un particolare ringraziamento ad Andrea Degli Esposti per la documentazione fotografica e al Gruppo Speleologico CAI Teramo, Gruppo Speleologico CAI L’Aquila, Speleo Club Roma e Gruppo Speleologico Niphargus di Roma per le notizie fornite.

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La grotta del fiume senza stelle
Testo di Ezio Burri Foto di Andrea Degli Esposti

L’inghiottitoio di Luppa, una cavità complessa nascosta tra i boschi di Sante Marie, è sempre stato molto presente nell’immaginario di molti speleologi, con il suo torrente sotterraneo facile alla collera

Le cortine calcaree nella Galleria delle Meraviglie

Se ne ricercate la collocazione in un improbabile inventario di tutti i corsi d’acqua d’Abruzzo, tra fiumi, torrenti e rigagnoli di ogni specie, perdereste il vostro tempo. 
Eppure è lì, in un defluire ora quieto, ora tumultuoso, non distante dall’abitato di Sante Marie, vicino al suo simile che s’ingorga nei pressi della rupe di Pietrasecca e vive la sua millenaria esistenza di fiume sotterraneo, immerso in una perenne notte senza stelle, in un divenire che solo l’evento morfologico può evidenziare. 
Il toponimo Luppa, che ha dato origine al nome stesso della grotta, ha radici molto antiche, come sembra testimoniare la sua presenza in una memoria del Phebonio (1678) o in una carta del Revillas (1735) dove, nello specifico, apparirebbe già un primo, ma chiaro abbozzo, dell’esistenza di una notevole circolazione idrica sotterranea. 
La cavità stessa era nota, e da tempo, poichè due escursionisti romani, Gavini e Voltan, ne rintracciano l’ingresso senza difficoltà. L’invito alle esplorazioni fu raccolto solo dopo alcuni decenni, poiché è nel 1929 che il Circolo Speleologico Romano tenta una prima consistente esplorazione, guidata dal suo mitico fondatore Carlo Franchetti, durata tre giorni e conclusasi avventurosamente dopo aver percorso poco più di 400 m.
Riprese nel 1955, le esplorazioni proseguono con notevole rapidità per circa un quadriennio e comporteranno una conoscenza topografica di circa 1200 m. Dopo un lungo periodo di stasi, in questi ultimi anni il superamento di alcune colate calcitiche, tra le quali la cosiddetta Fontana Candida, ha permesso di individuare nuovi ambienti, particolarmente ricchi in speleotemi, e con indizi morfologici significativi che inducono a sospettare uno sviluppo ben più ampio di quello attualmente conosciuto che sfiora, comunque, i 2.000 m.
Il bacino chiuso di Luppa non è particolarmente appariscente, immerso nell’ampio bosco, ed all’ingresso si giunge seguendo il letto ciottoloso del torrente che vi conduce le acque. L’androne che dà adito alla sequenza di ambienti sotterranei è ampio ed imponente e da qui, superato un breve diverticolo a sinistra che assume la denominazione di Galleria dei Tricotteri, inizia la serie di marmitte e piccoli salti, ove si configurano numerosi gruppi di concrezioni, mentre le pareti connotano un ambiente molto stretto che solo in alcuni punti, ove sono ubicati i laghi, concede un più ampio respiro. Occorre superare il cosiddetto pseudosifone, che diviene impraticabile nei periodi di piena, per giungere al Gran Salto (-22 m) ed al sottostante lago ed ancora, in progressione, verso altri salti e piccoli laghi che conducono al Sifone Dolci ed al vasto Salone Franchetti, dove lo sguardo, ed il corpo, indugiano e prendono riposo.
L’andamento della cavità tende a questo punto ad ascendere, raggiungendo il Pozzo Patrizi ed il sottostante Lago Pasquini, ma è solo un termine di passaggio, poiché, risalendo la Fontana Candida e superata con una nuova arrampicata un’ulteriore barriera di concrezioni, alla quale segue una notevole strettoia, ecco profilarsi la Galleria delle Meraviglie, una teoria di ambienti molto concrezionati la cui cesura, lungi dall’essere conclusiva, promette nuove emozioni alle future esplorazioni.
L’Inghiottitoio di Luppa è sempre stato molto presente nell’immaginario personale e collettivo di molti speleologi abruzzesi e laziali, ed ha rappresentato la grotta o l’inghiottitoio attivo per eccellenza, una cavità complessa, caratterizzata dalla persistente evidenza di un torrente sotterraneo, facile alla collera per le piene a volte scarsamente prevedibili nella loro reale portata. Nei decenni passati non era certo agevole superare la lunga successione di piccoli o grandi laghi, posti sì alla base di salti dalla verticalità modesta ma che imponevano, comunque, tra il fragore delle fredde e tumultuose acque, il trasporto di ingombranti attrezzature e, tra queste, le vecchie e pesanti scalette metalliche. Le più avanzate tecniche di esplorazione ed i nuovi materiali che vengono comunemente impiegati, hanno reso meno complessa la percorribilità interna e più facile, quindi, la scoperta di nuove prosecuzioni, anche se i rischi e la strutturale difficoltà della grotta non sono mai venute meno ed impongono, di conseguenza, le cautele di sempre. 
L’onore ed il merito che deve, dunque, essere riconosciuto ai primi esploratori è anche incitamento a quanti ne hanno ereditato il gusto dell’esplorazione e della scoperta dell’ignoto, e con esso l’ineguagliabile emozione di imporre, per primi, la propria impronta sul secolare sedimento che il fiume depone. Un sedimento, di varia consistenza e natura, onnipresente, che si stratifica anno dopo anno e che solo un evento straordinario, quale una piena di notevole consistenza, può parzialmente rimuovere. È questa l’ unica testimonianza del trascorrere di un tempo che altrimenti non potresti definire.
 

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