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D'Abruzzo

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Le case di terra
Il materiale e le tecniche

Terra paglia acqua sole e una lavorazione attenta e precisa
sono i segreti di una casa tutta speciale


Testo di Gianfranco Conti Foto di Gaetano Basti

La casa di terra è variamente denominata da quanti l’hanno descritta: taluni dicono di fango, di argilla cruda, di mattone crudo (perché non cotto in fornace ma semplicemente essiccato al sole); io preferisco usare la specificazione di terra perché mi sembra la più aderente alla realtà, e quella più diffusa nella letteratura geografica.

Nella casa di terra il materiale edile è costituito da un impasto di argille pelitiche di varia purezza (circa l’80%) con paglia trita ed eventualmente pure con pula o con ghiaietta, a seconda della tradizione di lavoro. Ma la più notevole differenza che si osserva da zona a zona, consiste nella tecnica impiegata per la messa in opera del materiale per la costruzione del muro.

I sistemi più praticati sono due:

1) sovrapposizione dei mattoni crudi;

2) compressione dell’impasto argilloso colato entro provvisorie pareti di legno. Un terzo sistema, di scarsa importanza attuale perché riservato ormai esclusivamente alla costruzione di capanne e di rustici, consiste nell’applicare l’impasto ad una graticciata di travetti di legno o ad una incannucciata, che costituirà in permanenza lo scheletro di sostegno del muro.

Questa efficace descrizione è tratta da "L’ambiente geografico della casa di terra in Italia" una ricerca della fine degli anni ‘50 del geografo O. Baldacci.

Mario Ortolani nel 1961 in "La casa rurale negli Abruzzi" descrive la tecnica costruttiva denominata massone: - Nella maggior parte delle "pinciaie" abruzzesi i muri sono eretti con un procedimento ancora più semplice. S’impasta con acqua l’argilla, presa dal terreno stesso ove sorgerà la "pinciaia", o trasferita da una d’argilla pura (argilla rossa detta "terra porcina", aggiungendovi poco alla volta paglia triturata o pula (detta dai contadini cama, came) e qualche manciata di pietrisco. Quando l’impasto ha raggiunto la consistenza adatta, un operaio con un misurato colpo di zappa ne asporta una zappata: la maneggia poi con le mani rotolandola sopra uno strato di cama, la quale vi aderisce e serve a dare elasticità all’insieme; un altro operaio prende le zappate e le pone in opera fino a completare, lungo l’intero perimetro della casa, un primo strato alto 50-70 centimetri. A questo punto bisogna lasciar asciugare per cinque o sei giorni: frattanto si procede con vanghe a lisciare la faccia interna ed esterna della parete edificata, tagliando ogni prominenza. Quando si riprende a costruire, bisogna prima bagnare l’ultimo strato di zappate poste in opera, in modo che possano fare buona presa con quelle fresche. -

Nel linguaggio internazionale la tecnica del mattone crudo assume il nome di adobe (spagnolo); l’impasto colato o terra battuta di pisé (francese); dell’impasto applicato ad una graticciata di thorchis (francese), di fachwerk (inglese); del massone di bauge (francese) e di cob (inglese).

La tecnica di costruzione deve temere il primo e grande nemico della terra: l’azione di erosione dell’acqua. La risposta è affidata ad un detto popolare inglese che riassume la saggezza del bravo costruttore "per durare secoli, alle case di terra bastano un buon cappello e dei buoni stivali". Dunque un tetto sporgente per proteggere i muri dalla pioggia, dalla sua azione meccanica, e fondamenta di pietra per evitare che vengano danneggiati dall’erosione delle acque di scolo o che si inumidiscano per capillarità. Nei diversi luoghi che hanno adottato la terra quale materiale da costruzione si sono elaborate diverse tecniche di protezione, integrazione strutturale e decorazione diventate, nel tempo, caratteristiche locali.

 

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