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Per saperne di più:

Francesco Verlengia, Il Santo Bambino di Lama dei Peligni, Mancini, Lanciano 1957;

P. Donatangelo Lupinetti, Per il Secondo centenario del Santo Bambino di Lama, ed. Cattedra Berardiniana, L'Aquila 1961;

P. Donatangelo Lupinetti, La Sanda Natale, CET, Lanciano 1963;

Maria Concetta Nicolai, Calendario contadino. Cento feste per un anno, D'Abruzzo guide, Pescara 1996.


Come si arriva a Lama dei Peligni:

A14, uscita Val di Sangro. Seguire la superstrada fino a Casoli. Da qui proseguire sulla SS 84 per 20 chilometri
D'Abruzzo
TURISMO CULTURA AMBIENTE

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La meravigliosa storia
di Fra' Pietro della Lama
e del suo raggiante Bambino

Testo di Maria Concetta Nicolai
Foto di Andrea Papa

La storia del Santo Bambino è intrecciata con quella di Fra' Pietro, fratello laico dei Minori Osservanti, nato a Lama nel 1702 e morto, a giugno del 1760 a Pacentro, un mese dopo il suo avventuroso ritorno dalla Terra Santa.
Qui e precisamente a Gerusalemme, dove aveva dimorato per dodici anni, Fra' Pietro acquistò da uno statuario il Bambino di cera da riportare in dono ai suoi compaesani. La consuetudine di donare immagini sacre di Gesù Bambino, benedette a Betlemme o Gerusalemme, era stata introdotta dai Francescani fin dal XV secolo, come testimonia la devozione tributata a Roma al Bambino dell'Aracoeli, scolpito in legno d'olivo nel convento del Monte Sion da un fraticello laico tra la fine del Quattrocento e i primi del secolo successivo. La storia di queste sante Effigi è spesso carica di racconti e vicende miracolose che ne hanno accompagnato la realizzazione, il viaggio e l'arrivo nei luoghi di culto. Come per quello di Santa Maria dell'Araceli, la fattura del Santo Bambino di Lama è ritenuta acherotipa. Narra infatti una pia leggenda che lo statuario, ricevuta da Fra' Pietro la cera vergine con la quale avrebbe dovuto plasmare il viso del piccolo Gesù, l'indomani abbia ritrovato il lavoro già finito e di fattezze "raggianti". L'eccezionale bellezza della statua fu considerata un sicuro segno divino, tanto che "un venerando padre del convento, vecchio assai e in concetto di santità, al quale Fra' Pietro si era recato per far benedire il Bambino, lo assicurò che l'Effigie era già stata benedetta dal cielo poiché il suo viso era risplendente". La fantasia popolare ha arricchito la storia di molti particolari. Come riferisce Francesco Verlengia si racconta che "quando Fra' Pietro uscì da Gerusalemme con il Bambino nella bisaccia fu assalito da mostri infernali di ogni specie. I mostri erano orribili, avevano zanne artigli e teste grifagne e qualcuno portava anche un solo occhio in fronte. Volevano rapirgli il Bambino. Fra' Pietro sostenne penosamente ogni assalto, ma passando vicino a un convento, un frate di santa vita che se ne stava sulla porta, per facoltà di Dio, avendo visto i mostri, corse contro loro gridando: - fermatevi, fermatevi ch'egli è monaco di Sant'Antonio e voi non potete toccarlo, - e i mostri sparirono". Dai documenti conservati presso l'archivio parrocchiale di San Nicola, ossia l'autentica originale che accompagna l'Effigie e una lettera inviata nel 1767 da Padre Giambattista della Lama, dal convento di Nazaret a don Leonardo Madonna notabile del paese, si apprende che Fra' Pietro, dalla Palestina si recò al Cairo, dove il Bambino fu esposto nella chiesa cattolica, durante la celebrazione di una messa alla quale assistette una gran folla di fedeli, e che da qui proseguì verso Costantinopoli per imbarcarsi verso Venezia. La lettera rende noto che la statuetta era racchiusa in una cassa di legno "per strasportalo per mare", coperta di un velo trasparente e dotato di "tre o quattro scuffiette e una vesticciola di seta". La potenza taumaturgica del Santo Bambino si manifestò già durante il viaggio, quando, una violenta tempesta che minacciava di affondare la nave si calmò all'improvviso, non appena l'Effigie fu posta sulla tolda. Giunto a Venezia il fraticello cercò ospitalità in una ricca casa patrizia, dove però tutti era afflitti per la sorte della padrona, ormai prossima a morire a causa di una grave malattia. Fra' Pietro insistette affinché potesse porre il suo Santo Bambino sul letto dell'inferma. Mentre tutti si raccoglievano in preghiera intorno all'Immagine la donna cadde in un sonno profondo e al risvegliò si mostrò, tra lo stupore dei parenti e dei medici, perfettamente guarita, tanto che si alzò dal letto e riprese la sua vita normale. Per ringraziamento rivestì il Bambino con gli abiti preziosi che lo ricoprirono fino al 1845 e che oggi sono andati persi. Sotto quelle attuali l'Immagine è avvolta in una fascia di seta rosso-porpora, bordata in oro che, partendo dalle spalle, la copre completamente. Con ogni probabilità si tratta di una parte del corredo di cui parla padre Giambattista, il quale aggiunge che le vesti del Bambino furono acquistate, per devozione e venerazione, da Padre Angelo da Introdacqua che si affidava alle preghiere dei Lamesi. La leggenda continua narrando che Fra' Pietro, ringraziata la nobile veneziana, riprese a piedi il suo lungo viaggio, giungendo a Lama la terza domenica di maggio, tra un miracoloso rintoccare di campane. Deposto il Santo Bambino sull'altare della chiesa di San Nicola, il frate lasciò nuovamente il paese per ritirarsi a Pacentro, nel convento della Santissima Concezione, dove consumato dalle fatiche, morì devotamente "invocando i Santissimi nomi di Gesù e Maria" il 27 giugno 1760. Nonostante poco si sappia di questo umile fraticello laico che, privandosi anche del necessario e sopportando innumerevoli disagi, volle donare un tale mirabile Tesoro ai suoi compaesani, ancora oggi a Lama la sua memoria è conservata con affetto e riconoscenza e la famiglia Silvestri, i cui eredi, fino ai primi decenni di questo secolo custodivano religiosamente la cassetta di legno con la quale il loro avo era tornato dalla Terra santa, è considerata tra le più pie e religiose del paese.

 

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