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Il verde del vicino
Testo e foto di Gaetano Basti

Il versante laziale del Parco Nazionale d'Abruzzo riserva scenari di grande interesse naturalistico. A Forca Resuni i camosci pascolano nelle radure del bosco di pini mughi.

Raggiungere Forca Resuni nel PNA dal versante laziale vuol dire vivere un'esperienza indimenticabile. Per chi giunge dall'autostrada Roma-Pescara l'uscita consigliata è Avezzano, dalla quale si imbocca la statale direzione Sora,S.Donato in Val Comino,Settefrati e infine Madonna del Canneto.

Si lascia la macchina davanti allo spiazzo del Santuario della Madonna del Canneto (1021 m slm), e si imbocca la carrareccia che va verso la casa salesiana di don Enrico Vitti.

Il santuario è molto suggestivo, isolato e bianchissimo in questa valle selvaggia con la sua facciata in pietra e la discutibile struttura in cemento che ha inglobato e ampliato i vecchi volumi. Luogo di culto, dedicato ad un pantheon femminile ed agrario, già nel III secolo a.C., ha avuto grande espansione con i benedettini che vi hanno fondato una sentita devozione mariana. Il santuario frequentato tutto l'anno, dal 18 al 22 agosto è meta di un imponente pellegrinaggio popolare. I fedeli giungono dal Molise, dalla Campania, dall'Abruzzo e naturalmente dal Lazio. Da Settefrati, Pescasseroli, Rocchetta al Volturno, Castel San Vincenzo, Pizzone salgono a piedi, spesso con i costumi caratteristici, con gli stendardi delle congregazioni, cantando accompagnati ora dall'organetto ora dalle zampogne.

La valle si riempie di voci, di fuochi; su tutto risuonano i rintocchi nitidi delle campane che chiamano alle sante Messe. L'itinerario, dopo 10 minuti circa dal santuario, devia a sinistra in una carrareccia con la segnaletica del Parco Nazionale d'Abruzzo e con un cartello di divieto di accesso per i mezzi motorizzati. Di qui in un'ora e mezzo di comoda marcia, superando una sbarra posta a qualche chilometro dall'inizio del sentiero, si giunge dopo aver attraversato una faggeta secolare ad un'ampia radura con una sorgente di acqua: fonte Acquanera. Qui il CAI di Cassino ha costruito un rifugio (1352 m) quasi sempre chiuso. La sorgente è a monte del rifugio verso destra. Si prosegue lungo il sentiero 01 lasciando alla sinistra il rifugio del CAI, dopo qualche tornante sulla destra si avvista il casone Bartolomucci. Lungo Valle Canneto ci sono altri manufatti appartenenti a questa antica famiglia di terrieri e armentieri. Il sentiero si inerpica, ma per poco, riprende comodo e giunge ad un incrocio con un grosso masso dove sono segnati dritto il sentiero 01 e a sinistra il sentiero 03, che va a Fondillo-Settefrati. Da questo incrocio ai "Tre confini" il sentiero costeggia un torrente che a volte scompare poi riemerge per formare cascatelle e laghetti. In un punto ben indicato si può attingere della ottima acqua. In questo tratto la faggeta si dirada per far spazio a verdi prati dove pascolano mucche e cavalli. Ormai le pecore e le capre, dopo la seconda guerra mondiale, sono state quasi completamente sostituite da bovini ed equini perché la loro gestione comporta meno lavoro; infatti vengono lasciati allo stato brado, ogni tanto la loro dieta viene integrata con qualche sacco di sale e alla fine dell'allevamento vengono venduti.

Se si arriva nelle prime ore del mattino, e si è fortunati, si possono avvistare anche i cervi. Dopo questi scenari vari e bellissimi si arriva al masso che indica la località "Tre confini", così chiamata perché si toccano i confini di Civitella Alfedena, Opi e Barrea. Fin qui è arrivato anche il Papa quando nel luglio dell'85 ha soggiornato per tre giorni presso la casa salesiana di Valle Canneto. Sul masso sono segnati dritto il sentiero 05 che porta in una cinquantina di minuti a Forca Resuni e a sinistra il sentiero 04 che porta al "valico passaggio dell'orso". A proposito di orsi il signor Domenico Vitti, ex sindaco di Settefrati e grande conoscitore di questo angolo dell'Appennino, dall'alto dei suoi 80 anni, racconta come una volta fosse più facile incontrare questo grande plantigrado. Ricorda che 10 anni fa, andando a fonte Chiariglio, a poca distanza dal santuario di Madonna del Canneto vide un orso che beveva tranquillamente e che, appena accortosi della presenza umana, si alzò sulle zampe posteriori, fece come un cenno di saluto e sparì nel bosco. Sempre lo stesso racconta di come fino ad un po' di anni addietro l'orso arrivava fino al cimitero di Settefrati, mangiava nei campi qualche fico, un po' di granturco e spariva.

Tornando al nostro itinerario bisogna dire che il percorso si fa un po' duretto: si deve passare dai 1496 m. dei 3 Confini ai 1952 m. di Forca Resuni, ma è un piccolo sforzo che viene pienamente ripagato. Salendo, la faggeta cede il posto al pino mugo, al ginepro e a altre essenze d'alta quota; gli odori balsamici delle resine dischiudono naso e polmoni. Appena arrivati al rifugio si apre un panorama mozzaffiato: verso est Barrea con un angolo di lago e valle Iannaghera, a nord la Camosciara, a sud il monte Petroso, a ovest i monti laziali e a pochi metri i camosci che balzano acrobatici sulle roccette. Sempre il signor Vitti ricorda come una volta fossero tanto numerosi da sembrare addirittura greggi di capre. La decimazione è avvenuta durante e subito dopo la guerra, complice la fame. L'estinzione sarebbe stata totale se non ci fosse stato il prezioso lavoro di rintroduzione da parte del PNA. Un tempo questi boschi e queste montagne erano anche il regno della lince che si aggirava furtiva tra i faggi, tra cui oggi comincia a riapparire timidamente, mentre tra i rami gli fa compagnia il nero e vivace scoiattolo e nel cielo volteggia l'aquila reale.

 

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