
Venerdi' 29 gennaio1999
"Mai piu'
galline in batteria"
I produttori protestano: "I prezzi delle uova
triplicheranno"
L'Europarlamento abolisce le gabbie
ROMA. Il 28 gennaio 1999 restera'
una data da celebrare per gli animalisti. Hanno liberato in Europa, in un colpo solo, 270
milioni di galline, finora costrette a produrre uova nelle microscopiche (e infernali,
accusano loro) gabbie in batteria. L'Europarlamento ha votato a favore dello
smantellamento progressivo ed entro un decennio dovranno tornare tutte a razzolare.
"Abbiamo vinto una battaglia di civilta'. Per gli animali e per i consumatori",
esulta Adolfo Sansolini, consigliere direttivo della Lav, la Lega antivivisezione che ha
coordinato la campagna in Italia. "La prima comincio' in Gran Bretagna. Addirittura
30 anni fa".
Ed e' stato un ennesimo studio inglese che ha contribuito al giorno fausto degli
animalisti e al giorno infausto dei produttori, che adesso, com'e' inevitabile, promettono
battaglia. Secondo lo sconvolgente dossier messo insieme dall'organizzazione
"Compassion in world farming", le gabbie sono strumenti di scientifica tortura
("piu' piccole di un foglio formato A4"), in cui una gallina sopravvive al
massimo 12 mesi, senza potersi mai muovere, vittima dell'osteoporosi che ne spezza le
zampe, dell'aggressivita' che la ferisce, dello stress che la fa impazzire. Alla fine del
ciclo e delle circa 300 uova prodotte, la carne e' di qualita' cosė scadente da essere
utilizzabile soltanto per cibi inscatolati o per cani e gatti.
L'iniziale proposta della Commissione europea di raddoppiare la superficie delle gabbie si
e' dilatata nell'emendamento di 29 europarlamentari - italiani, inglesi e greci - a favore
della loro abolizione. E ieri i colleghi hanno detto a grande maggioranza "sė".
"Adesso, pero', rimane un paradosso: mentre la maggioranza dei nostri parlamentari a
Strasburgo si e' schierata dalla parte degli animalisti, a Roma la pensano
all'opposto", spiega Sansolini. Per questo, il 20 e il 21 marzo la Lav promuovera' in
200 piazze italiane un'altra mobilitazione: "Distribuiremo cartoline da spedire al
governo, perche' si decida ad adeguarsi alle direttive europee, e ai supermercati, perche'
commercializzino unicamente uova ''naturali''".
E gli allevatori protestano. "Il voto e' certo positivo per gli animali, ma solleva
due gravi problemi, di igiene e di costi", sottolinea, preoccupato, Guido Sassi,
presidente dell'Una, l'Unione nazionale allevatori. "E' provato che le uova deposte a
terra si impregnano spesso della sporcizia e dei batteri di un'aia e, inoltre, il loro
costo e' doppio e anche triplo rispetto a quelle di batteria, assolutamente sicure dal
punto di vista sanitario". L'Una teme che la riconversione "al naturale"
mettera' in ginocchio i suoi iscritti (insieme con quelli del resto d'Europa), spalancando
il mercato alla concorrenza selvaggia dei prodotti dell'Est. Cosė, dopo il latte e il
riso, le galline sono destinate a diventare il prossimo fronte caldo dell'acciaccata
agricoltura nostrana. "Chi sara' disposto a sborsare 540 lire e oltre per un
uovo?".
Gli animalisti ribattono che l'ultimo sondaggio, del maggio '98, rivela che il 57 per
cento degli italiani lo e' e aggiungono che in Svizzera (la prima a mettere al bando le
batterie, otto anni fa) la transizione e' stata un successo. Inoltre, giurano che i fondi
comunitari per la politica agricola ridurranno, e di molto, gli oneri per gli allevatori,
"che non avranno piu' animali cronicamente malati, ma sani, in grado di vivere molto
piu' a lungo, in media due-quattro anni, e di produrre uova di migliore qualita'".
Ora la parola passa ai governi. E si annunciano colpi di scena a catena. Se i
"nordisti" - Gran Bretagna, Germania, Olanda e Austria - sono schierati per il
"no" alle gabbie, esiste un fronte del "sė", che conta, oltre
all'Italia, i "sudisti", Spagna, Francia e Grecia. Nonostante l'euro, bastano un
po' di galline per dividere l'Europa unita.
Gabriele Beccaria
gennaio
1999 |