
Domenica 23 maggio 1999
Si moltiplicano le proteste contro i
maltrattamenti. La polombella di Orvieto e il lupo di Gubbio
Sollevazione per i diritti degli
animali
ORVIETO _ Dopo aver guardato negli occhi il
vostro cane, avete ancora il coraggio di affermare che non ha un’anima?
La risposta a questa domanda puo' valere per qualsiasi altro animale domestico, e chi ha
scelto di convivere con una bestiola, che sia un canarino o un pitone, sa riconoscerne il
carattere, le esigenze, le inclinazioni, verrebbe da dire la “personalita'”. Chi
ha acquisito questa capacita' (e in genere sono i bambini i primi a farlo) e' una persona
che rispetta gli animali. E a quel punto non c’e' piu' distinzione tra animali
domestici e selvatici, il rispetto vale per tutti.
E’ un fenomeno che forse passera' alla storia come caratteristico di questo
ultimo secolo del millennio, insieme al computer e alle conquiste spaziali: la coscienza
che gli animali non possono essere maltrattati, non debbono soffrire per il divertimento
dell’uomo. Terminata l’esperienza del tiro al piccione come sport (sopravvive
ancora in Spagna e Sudamerica), ora si cerca di modificare manifestazioni storiche, come
la Palombella di Orvieto, che hanno come involontari protagonisti gli animali.
L’edizione di oggi potrebbe essere l’ultima fatta con una palombella viva: lo
chiedono a gran voce gli animalisti, con l’iniziativa di Lea Massari che ha regalato
una palomba di legno al sindaco Cimicchi, con un’interrogazione parlamentare dei
senatori Manconi e Cortiana (che chiedono un’ispezione sull’archiviazione delle
denunce fatte al Tribunale di Orvieto), con una diffida a usare animali vivi da parte
della Lega Antivivisezione.
Certo, non bisogna cadere nell’estremo opposto: «Paragonare le esigenze degli
animali a quelle dell’uomo e' un errore esattamente come considerare l’animale
un oggetto dice Giampaolo Asdrubali, docente universitario e presidente dell’Ordine
dei veterinari . Ma non c’e' dubbio che la societa' degli uomini ha il preciso dovere
di accettare i diritti degli animali». E’ anche difficile far transitare questo
concetto in chi riceve danni gravi dagli animali selvatici: proprio l’altroieri un
allevatore dell’Eugubino si e' visto sbranare una giovenca da un lupo o cane
inselvatichito, dopo che cinque mesi fa la stessa sorte era toccata a un puledro. In
questi casi la societa' deve sviluppare forme di difesa piu' efficaci a tutela delle
attivita' economiche evitando lo sterminio dei selvatici. Sempre che questi ultimi, come
nel caso dei cinghiali che annientano le colture, non siano anche loro involontario
strumento dell’uomo che, alla fine, rimane l’unico animale capace di usare la
malizia non solo per la propria sopravvivenza, ma anche per altri fini.
Maggio
1999


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