
n. 18 - 21 maggio 1999
"Storia. I tedeschi
allevano la selvaggina"
C'e' una grande differenza tra la concezione
della caccia tipica dei paesi dell'Europa centrale e settentrionale - come la Germania o
l'Austria - e quella dell'Europa mediterranea. I nordici hanno una logica da allevatori di
fauna (che a quel punto non e' piu' neanche selvatica). La popolazione agricola
dell'Europa meridionale - italiani e francesi, ma anche maltesi e greci - ha invece un
tendenziale rifiuto a concepire l'attivita' venatoria sotto forma di "investimento
produttivo". Per i mediterranei, gli animali selvatici sono considerati non una
risorsa da coltivare, ma un dono della natura, casuale e aleatorio, da catturare e
consumare, in circostanze festive o in tempi di carestia. I tedeschi, tra l'altro, sono
contrari alla caccia agli uccelli migratori e in particolare sono scandalizzati dalla
pratica italiana di cacciare i piccoli uccelli canori. Mentre hanno una concezione quasi
zootecnica della fauna, ovvero bisogna amministrare, migliorare la specie, eliminare i
vecchi, i malati, gli inadatti alla riproduzione. L'animale selvatico diventa quasi un
capo di bestiame e la caccia diventa simile alla macellazione.
La figura del cacciatore-allevatore e la concezione della caccia come prelievo
razionale sono dunque nuove per il mondo mediterraneo, ma negli ultimi tempi si stanno
affermando. In parte per ragioni oggettive, perche' e' quasi finita la vera vita selvatica
e dunque l'allevamento del selvatico diventa indispensabile. In parte per ragioni
culturali. La caccia, fondamentalmente, e' il piacere di uccidere. Ma questo e'
inaccettabile, in una societa' civile. Scrive l'etnologo Sergio Dalla Bernardina nel libro
Il ritorno alla natura (Mondadori, 1996): "La distruzione
di uomini, piante e animali puo' costituire una fonte di piacere in se stessa, una
"passione" che precede le motivazioni culturali che le vengono via via
attribuite... questo piacere, proprio per la sua inammissibilita', non puo' essere
consumato così come e' ...Il gesto venatorio in fin dei
conti non e' che la forma piu' esplicita dell'azione violenta esercitata dall'uomo
ai danni della natura". La messa a morte dell'animale deve dunque essere
razionalizzata e riacquistare un senso. Ecco allora che la caccia non e' piu' piacere o
passione, ora e' equilibrio ecologico, utilizzo economico. Il cacciatore protegge,
diventando attivo seguace di Malthus, e controlla, gestisce. In questo contesto, fa notare
Dalla Bernardina, il linguaggio scientifico.assolva a una funzione sostanzialmente mitica.
(Anna Mannucci)
Maggio
1999


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