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11 giugno 1999

Se li tocchi li uccidi
Caprioli, leprotti e merlotti non devono essere "salvati", ma lasciati dove sono

di Anna Mannucci

Una nuova specie di predatori si aggira per l’Italia: gli animalisti. Pieni di zelo, si avventurano nelle campagne e sulle montagne, e se incontrano un animale tentano a tutti i costi di salvarlo. In questo periodo dell’anno, corrono questo rischio soprattutto i piccoli caprioli, Capriolus capriolus, noti al grande pubblico come Bambi. La loro mamma li lascia tra l’erba - certe volte due figli insieme, certe volte separati - e se ne va a cercare cibo. Ma non li abbandona e ogni tanto torna ad allattarli. I piccoli la aspettano immobili e silenziosi. Questa soluzione e' meno pericolosa che portarseli dietro. Se non interviene pero' qualche sprovveduto pieno di buona volonta' ma privo di conoscenze naturalistiche: "Se li tocchi li uccidi - riassume Guido De Filippo, della Lega abolizione caccia - perche' in questa specie il riconoscimento e' olfattivo, se la capriola madre sente un odore estraneo, come quello di un essere umano, non riconosce piu' il figlio, allora davvero lo abbandona e il piccolo muore di fame".
Non bisogna dunque assolutamente accarezzare i piccoli caprioli, ne' i cerbiatti che vivono la stessa situazione in questo delicato periodo della crescita, ma in Italia sono meno meno diffusi ed e' meno probabile incontrarli. I caprioli sono incredibilmente presenti un po’ dappertutto, sulle colline e sulle montagne, tranne che nelle isole. Anche la soluzione di prenderli su e portarli a casa o, nel caso dei soccorritori piu' evoluti, dal veterinario, non e' una buona idea. Perche', appunto, quell’animale non potra' piu' tornare in liberta'. E chi puo' tenersi un capriolo o un cervo come pet per tutta la vita?
Le lepri si comportano nello stesso modo, lasciando i loro piccoli sull’erba, in collina, in montagna e anche in pianura. "A differenza dei conigli, che hanno le tane, fanno tanti figli nudi e con gli occhi chiusi, le lepri partoriscono pochi leprotti, gia' con il pelo e gli occhi aperti - spiega De Filippo - non li mettono tutti insieme, ma uno qua e uno la', cosė se arriva un predatore almeno non li prende tutti". Predatore che, dalle nostre parti, puo' essere quasi esclusivamente una volpe, oppure il solito animalista. Anche i leprotti, se manipolati, non vengono piu' riconosciuti dalla madre e sono destinati a morire di fame.
Ci sono altri animali che non bisogna soccorrere, sempre di questa stagione. I piu' comuni sono i merli, presenti in tutti i prati cittadini, che imparano a volare procedendo a balzelloni per terra. "E cosė molti pensano che si siano fatti male e li "salvano" - continua De Filippo - ma anche loro vanno lasciati stare, non bisogna neanche rimetterli nel nido, che puo' stare in qualche cespuglio vicino". Nel caso dei merlotti, pero', toccarli non li porta a morte automaticamente, perche' non c’e' il problema dell’odore. Basta rimetterli giu' dove li si e' presi, nei dintorni c’e' sicuramente la madre. In questo, sono simili alle giovani cornacchie urbanizzate, che corrono pero' un altro rischio: se raccolte da un umano, si addomesticano facilmente - in altri termini, si affezionano - perche' sono animali molto sociali, e non tornano piu' selvatiche. "C’e' una giovane cornacchia che in queste settimane continua ad andare in un bar della zona ticinese, a Milano, si aggira tra i tavolini perche' vuole mangiare l’arrosto, che in effetti gli viene dato" racconta De Filippo. Offrire cibo a questi uccelli va bene, mentre non bisogna prenderli e portarseli a casa (oltretutto, e' una cosa illegale). "Ci ha telefonato una suora - continua De Filippo - allarmata perche' un "corvo aggrediva i bambini". Era un’altra giovane cornacchia che passeggiava su un terrazzo, sempre a Milano, e non minacciava nessuno".
Anche i giovani allocchi non devono essere "salvati". Questi rapaci notturni, che da piccoli sembrano morbidi batuffoli grigi, escono dal nido prima di saper volare e si attardano sui prati, anche di giorno. Corrono dei rischi, e' vero, ma bisogna lasciarli lė.

Giugno 1999