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Sabato 17 luglio 1999

SOS DA CASALPALOCCO


400 tartarughe rischiano la pentola

di ORIETTA CICCHINELLI

Pasqualina e' la femmina piu' grossa del branco. Ha cinquant'anni, o giu' di lì, il guscio tarlato dal tempo che fugge inesorabile e le unghie consumate a furia di camminare per i campi, avanti e indietro, a passo lento lento, alla ricerca di un po’ d’ombra. Pasqualina, tartaruga di terra, appartiene ad una delle specie protette dalla Convenzione internazionale di Washington per la difesa della fauna e della flora in via di estinzione. Lei, con altre 399 tra sorelle e fratelli, e' alla ricerca di una nuova casa. Gia', perche' l’originaria, una vecchia ma grande cascina romana, in via Giuseppe Micali, nella campagna di Casalpalocco, dovra' ben presto lasciarla.
«Purtroppo ci dobbiamo trasferire in un appartamento piu' piccolo - racconta sconsolato il proprietario delle bestiole, Giuseppe De Cola, costretto su una sedia a rotelle a seguito di un incidente sul lavoro - e non possiamo portarle tutte con noi. Cosa fare? Volevamo donare le testuggini, regolarmente denunciate, alla forestale, al Wwf, ma ci hanno sbattuto la porta in faccia. Non c’e' posto, ci hanno detto».
«Saro' costretto ad ucciderle - minaccia addolorato Giuseppe - se nessuno mi aiuta a risolvere il problema. Possibile che, con tanti parchi disponibili in Italia, non ce n’e' uno che possa accogliere due o trecento delle mie amiche? Non ci credo proprio». Bruna De Cola, la "mamma" delle tartarughe, ogni mattina alle sei in punto esce di casa per accudire Pasqualina e le altre e per nutrirle, con verdure, pomodori, mele, uova sode, pane bagnato, carne e ossi di seppia per il calcio: tutto fornito da alcuni negozianti di zona, per una spesa mensile di circa 250.000 lire.
«Non posso lasciarle libere, perche' rischierei una multa di 20 milioni. Regalarle a singoli cittadini? Potrei, ma mi costerebbe troppo, perche' per ogni donazione dovrei fare una raccomandata al Cites, il gruppo forestale che si occupa dell'applicazione della Convenzione internazionale di Washigton, e il ricevente dovrebbe fare altrettanto. Sarebbe piu' semplice donarle, ad esempio, al Wwf».
Ma dal Fondo mondiale per la natura arriva un no, grazie! «Le nostre oasi, da Macchia Grande a Palo, passando per Orbetello - risponde Carla Grassi, segretaria della sezione Lazio - sono gia' piene. Avevamo dato alla forestale, qualche anno fa, la disponibilita' di queste aree per le tartarughe di terra, ma ce ne hanno regalate a migliaia... E' il corpo forestale, ora, che deve trovare una soluzione». La replica non si fa attendere: «Non possiamo risolvere il problema - replica Giuliano De Stefano del Cites - perche' il nostro compito e' solo quello di monitorare gli animali in via di estinzione. Ma non abbiamo strutture adeguate per ospitare 400 testuggini. Siamo andati dai signori De Cola per un sopralluogo, consigliando loro di rivolgersi al Wwf, perche' in Italia ci sono poche strutture idonee ad ospitare le tartarughe di terra. L'alternativa? Regalarle ad amici e conoscenti. Il mio consiglio, comunque, e' di controllare le nascite: ogni femmina della specie puo', infatti, produrre fino a 50 esemplari l’anno».

Luglio 1999