La guerra scatena i
bracconieri, a rischio tutti gli animali del parco africano. La crisi
tiene lontani i turisti che portavano ricchezza: così le bande
vanno a caccia di carne
BUKAVU (Repubblica democratica del Congo) - Vicino all'entrata gli operai
hanno scavato delle fosse per i resti delle vittime: le carcasse di quaranta
elefanti, un cucciolo di gorilla piccolo, tre gorilla adulti. Un cimitero.
Proprio qui, nella zona dove Diane Fossey avvisto' per la prima volta i
gorilla selvatici, nel parco nazionale di Kahuzi-Biega, dove l'esploratrice
e scrittrice decise di trasferirsi, riuscendo poi a intrecciare quella
singolare amicizia con i gorilla (coltivata per due anni in solitudine in
mezzo alla giungla) che fu raccontata anche nel film Gorilla nella nebbia
con Sigurney Weaver. Ma se la storia di Diane ha attirato tra i
gorilla del parco centinaia di turisti, che con i loro soldi hanno reso
ricca anche la popolazione locale (Bill Gates lascio' alla sua guida una
mancia di 800 dollari, quasi un milione e mezzo) ora questa «riserva»
nelle giungle orientali della Repubblica democratica del Congo e' diventata
l'esempio di come la guerra che in Africa centrale si combatte da cinque
anni sta distruggendo la vita selvaggia nella regione.
«In Ruanda si e'
parlato di genocidio umano - dice Basengezi Katintima, governatore della
provincia meridionale di Kivu -. Noi qui parliamo di genocidio di animali».
I guardiani credono che negli altipiani del parco dal 1996 siano stati
uccisi 100 dei 250 gorilla che vivevano prima della guerra, e 400 elefanti
della foresta. Il bracconaggio e' aumentato molto da aprile. I cacciatori di
frodo arrestati hanno ammesso di aver ucciso 20 gorilla e 17 elefanti.
E mentre i molti
guerriglieri del Congo discutono la pace, la guerra sta sgretolando il
complesso legame tra animali, popolazione locale e ricchi turisti stranieri.
Prima della guerra, piu' di tremila turisti visitavano il parco ogni anno.
Aiutavano, con la loro presenza, a tenere alla larga i bracconieri. Ma,
soprattutto, il loro denaro permetteva di costruire scuole, strade,
acquedotti, facendo credere alla popolazione povera di quest'area densamente
popolata di avere qualcosa a cui aggrapparsi per sopravvivere.
Ora, senza piu'
turisti per i cinque anni di guerra, l'economia locale ha toccato il fondo.
Il direttore del parco Mankoto Ma Oyisenzoo, dice che la carne di elefante
si vende bene, perche' costa la meta' di una bistecca (1 dollaro, meno di
duemila lire, al chilo). E cresce, tra gli abitanti, anche l'ostilita' verso
il parco.
Alcuni giorni fa i
custodi del parco hanno arrestato una mezza dozzina di bracconieri. Tra loro
c'era Bulabi Lubaga, un pigmeo di 61 anni, vestito in giubbotto e pantaloni
stracciati. Le autorita' sostengono che sia un bracconiere di vecchia data.
Lui si difende spiegando che era nel parco per raccogliere miele e tendere
le trappole alle scimmie. «Avevo fame», dice.
Ma Lubaga e' solo
una piccola comparsa nel grande problema del bracconaggio, che ha assunto
proporzioni drammatiche da quando nel Congo sono iniziati gli scontri, nei
primi anni Novanta. I cacciatori di frodo sono sempre esistiti, ammettono
gli ufficiali, ma dopo il 1994 hanno cominciato a usare armi automatiche,
che sono molto piu' efficienti.
Le armi sono state
comprate a basso prezzo dai soldati dell'esercito ruandese, gruppi di hutu
fuggiti dal Ruanda dopo aver ucciso almeno mezzo milione di tutsi. Da allora
il parco nazionale di Kahuzi-Biega e' diventato una base per gli hutu
ribelli, nonche' per i guerriglieri congolesi. Che sono insorti una prima
volta nell'ottobre 1996, cacciando il dittatore del Congo (allora chiamato
Zaire), Mobutu Sese Seko. La seconda serie di scontri e' iniziata
nell'agosto scorso e continua tuttora, con lo scopo di rimuovere il
successore di Mobutu, Laurent Kabila.
Mankoto, il
direttore del parco, sostiene che nell'assenza di qualsiasi autorita', il
bracconaggio e' ormai un'attivita' altamente organizzata. Gli elefanti
vengono sterminati per la loro carne, dice, e l'avorio viene spedito in
Ruanda e poi a Dubai. Anche i gorilla vengono ammazzati per la loro carne e
le loro teste vengono mandate all'estero come trofei.
Ma quello che
rende i numeri elencati da Mankoto anche piu' drammatici e' che egli riesce
a controllare solo una piccola parte del parco, gli altipiani. Le pianure,
che ne coprono circa il 90%, sono ancora occupate dagli hutu e dai ribelli
congolesi. C'e' da temere che molti dei 2.200 gorilla che vivevano nelle
pianure orientali prima della guerra, dei circa 5 mila dello Zaire, siano
stati uccisi per la loro carne.
I gorilla degli
altipiani orientali del parco hanno caratteristiche particolari.
Innanzitutto sarebbero geneticamente molto vicini ai «gorilla di montagna»,
oggi quasi estinti: ne sarebbero rimasti solo 650, tra i parchi del Ruanda,
dell'Uganda e nel Congo settentrionale. E proprio a marzo, otto turisti sono
stati uccisi dai ribelli hutu, mentre erano sulle loro tracce. Molti dei
gorilla uccisi di recente - 12 dei 20 uccisi negli ultimi tre mesi - si
erano abituati al contatto con l'uomo.
Prima della
guerra, cinque famiglie dei gorilla venivano addestrati a non temere il
contatto con l'uomo. E, sebbene alcuni sovrintendenti non ne fossero
contenti, i turisti nel parco potevano veramente toccarli.
New York Times/Corriere
della Sera
(traduzione di
Mara Gergolet)
Ian Fischer