Un esercito di cormorani alla
Magliana, una comunita' di pappagalli all’Appio. Per vedere i bufali,
uscite dal Gra
Roma,
il richiamo della foresta
Volpi, tassi, nutrie,
testuggini, cigni: gli animali vivono bene in citta'
di FERRUCCIO SANSA
Il richiamo della foresta? Si sente anche da Roma, basta
saperlo ascoltare. Sì, perché gli animali stanno tornando in citta'. Non
sono soltanto i 150.000 cani e i 200.000 gatti che vivono nelle nostre case;
nella Capitale vivono cormorani, falchi, tassi, testuggini. Alle montagne
hanno sostituito gli edifici di venti piani, alle foreste i piu' tranquilli
parchi.
E giu' in picchiata, dai palazzi di piazza Venezia come dalle scogliere del
Mediterraneo, mentre il peso in un attimo si trasforma in velocita',
leggerezza. Ecco i gabbiani reali, quei grandi uccelli che volteggiano sopra
il traffico del Centro Storico; pochi lo sanno ma Roma e' una delle
pochissime citta' abitate da questi uccelli marini.
Non sono i soli. Per fare bird watching basta munirsi di binocolo e andare a
Prati, magari quando l’aria e' percorsa da centinaia di migliaia di storni
(sono quattro milioni, due per ogni romano). Qui viene a caccia un raro
rapace, il falco pellegrino. Riconoscerlo non e' difficile: dall’alto
osserva gli storni che volano poi all’improvviso si lancia a duecento
all’ora per catturarne uno.
I cormorani, mille in tutto, roba da fare invidia ai parchi naturali di
mezzo mondo, sono invece venuti a fare il nido nell’ansa golenale alla
Magliana Vecchia. Di giorno volano sfiorando l’acqua del Tevere in cerca
di cibo, pescano fino a sette etti di pesce al giorno, ma di sera si
raccolgono su quegli alberi spogli in riva al fiume.
Insomma, Roma non e' piu' soltanto citta' degli uomini, ma anche degli
animali. «Arrivano dalle strade consolari, riuscendo a superare la barriera
del Gra», spiega Monica Cirinna', consigliere comunale delegato ai diritti
degli animali. Aggiunge: «La vita in citta' e' piu' facile: c’e' piu'
caldo d’inverno, piu' cibo e soprattutto non ci sono predatori». Insomma,
se gli uomini fuggono dal Centro, gli animali scoprono i comfort della vita
urbana.
Certo deve essere strano per i martin pescatori (cento in tutto), quegli
uccellini con la testa azzurro brillante, passare dai fiumi di campagna ai
Lungotevere di Prati e della Magliana, dove il frinire delle cicale e'
sostituito dagli ululati dei clacson; forse al martino quei rumori sembrano
versi di strane bestie che si inseguono senza senso.
Gia', chissa' che effetto fa Roma agli animali, che cosa sentono i cento
gufi che hanno fatto il nido tra le rovine dei Fori romani, nei campanili
barocchi. Loro in quei luoghi del passato cercano l’ombra, il silenzio.
Non ci sono soltanto gli uccelli, pero'. Camminando lungo il fiume puo'
capitare di vedere un grosso roditore che nuota nell’acqua. Fermi, non e'
un topo gigante, ma una nutria che cerca il cibo. Poi lo portera' nella sua
tana, in una galleria sotterranea scavata sotto gli argini.
Ma la rarita' della foresta romana e' il tasso. Per incontrarlo basta andare
nella sughereta protetta dell’Infernaccio. La volpe invece e' una presenza
abituale a Villa Carpegna, Fidene, e nei boschi tra Monte Mario e
Torrevecchia.
«Non tutte le specie sono arrivate dalla campagna. Molte vengono da luoghi
lontani, dai Tropici come dall’America, e si sono diffuse perché sono
state liberate dai romani», aggiunge Monica Cirinna'. Se no come sarebbero
potuti arrivare in via della Caffarelletta quei cinquanta pappagallini che
hanno portato all’Appio un angolo di Tropici. Chi vuole vedere le
testuggini puo' andare all’Eur, dopo che qualcuno ne ha liberato un paio
le tartarughe si sono moltiplicate e hanno colonizzato il laghetto.
C’e' anche qualche specie pericolosa: la vipera, innanzi tutto, ma anche
qualche tarantola e gli scorpioni italiani, i fratelli piu' piccoli di
quelli africani. Un loro morso, comunque, e' sufficiente per spedire dal
medico.
Non bisogna stupirsi, Roma e' ancora il piu' grande Comune agricolo
d’Italia. In quella campagna che si infila tra i condomini e poi piu'
lontano, oltre il Gra, vivono mille bufali. Come nelle praterie americane
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