Sabato 21 Agosto 1999
Fido e Fuffi
vanno dall’avvocato
«Gli animali hanno dei diritti, come gli
uomini»
I perdenti si lavano la coscienza ripetendo che a Washington
regna la legge della giungla, eppure un avvocato - Richard Wise - ha deciso di
portare la legge di Washington (che e' pur sempre il meglio disponibile) nella
giungla. Dopo essersi gonfiati i conti i banca con i diritti civili e con quelli
in difesa dell’ambiente, alcuni degli uomini piu' potenti d’America - gli
avvocati, appunto - stanno aprendo un nuovo e lucrosissimo fronte di
contenziosi: inventare e tutelare i diritti degli animali. Devono poter vivere
come la natura ha previsto, non soffrire, non essere perseguitati, non essere
torturati.
In molti uffici legali ci si sente come gli eroi che lottarono contro la
schiavitu'. In fondo, che cosa sono cani al guinzaglio e tigri nelle gabbie se
non creature di serie B al servizio del crudele narcisismo degli umani? Wise lo
spieghera' quest’autunno a Harvard - l’universita' numero uno d’America -
all’inedito corso di «Animal law». Che la «legislazione animale» diventi
materia di studio (e presto anche alla Georgetown University) e' talmente
clamoroso da aver spinto il «New York Times» a dibattere l’evento: il
riconoscimento di una coscienza extraumana e' indizio di una civilta' in
costante affinamento o degenerazione di una societa' ubriaca di opulenza?
Dalla loro parte gli avvocati animalisti hanno una serie di scoperte
scientifiche e le prime, clamorose sentenze dei tribunali a loro favore. E’
dagli Anni 80 che le teorie cognitive applicate al comportamento dei primati
hanno dimostrato (non senza smentite rabbiose) le sconvolgenti capacita' di
comunicazione, consapevolezza e pianificazione dei nostri cugini oranghi e
scimpanze'. Intanto, una corte federale ha dato ragione a uno scandalizzato
visitatore dello zoo di Washington, che aveva sporto denuncia perche'
all’indifeso scimmione dietro le sbarre - Barney - era stato negato il diritto
di una compagna e, quindi, di una vita non solo di cibo, sonno e noia, ma anche
di sesso e sentimento. Ha vinto a sorpresa il neodiritto del «benessere
psicologico».
I casi si moltiplicano e le conseguenze si vedono. A Washington due avvocati al
servizio di Ralph Nader (il celebre difensore dei consumatori) hanno cambiato
casacca e fondato la Meyer&Glizenstein, specializzata in bestioline e in
bestioni: sta mettendo sotto pressione alcune agenzie federali per presunti
maltrattamenti nei circhi. E qualche giorno fa ha annunciato di essere riuscita
a bloccare - per la prima volta in 65 anni - la controversa fiera di tiro al
piccione della Pennsylvania: si tratta di un inaccettabile modello di crudelta',
e' stato sentenziato.
Wise si e' spinto oltre e sostiene che rispetto e liberta' dovrebbero essere
concessi prima di tutto a gorilla, oranghi e bonobi: ha fatto sua la proposta
del filosofo australiano Peter Singer di inserirli in una «comunita' di eguali»
insieme con gli Homo sapiens. E, se non si puo' arrivare a tanto per pesci,
canarini, cani e gatti, le campagne a loro favore hanno comunque spinto 27 Stati
americani su 50 a creare (o inasprire) il reato di «crudelta' contro gli
animali», che ora prevede multe fino a 180 milioni e pene fino a 10 anni.
Il principio di questo vertiginoso edificio (che secondo alcuni non potra'
reggere) e' quello dell’emancipazione e si ispira alla lotta che dalla
sentenza del 1783 del tribunale di Boston al Proclama del presidente Abraham
Lincoln libero' gli schiavi neri dalle catene: «Gli animali hanno un valore in
se' di creature come gli uomini», sostiene il teorico della nuova scuola di
pensiero, Tom Regan: «Hanno una prospettiva sul mondo, hanno scopi e ragioni
per agire, capacita' di soffrire e di godere, di stare meglio o di stare peggio».
Gli avversari si infuriano, considerano il parallelo una blasfemia pubblicitaria
e ribattono che i diritti non sono una merce da trattare a cuor leggero, perche'
si possono garantire solo a chi e' in grado di adempiere anche ai doveri
sociali. E non e' il caso delle specie diverse dalla nostra. «Dopo scimmie e
cani, perche' non difendere i batteri?», ironizza Richard Epstein, professore
della Scuola di legge di Chicago.
In una nazione dove il rapporto tra animali domestici e padroni umani e' ormai
di uno a uno la questione e' esplosiva. E infatti e' scattato il collaudato
meccanismo massmediatico del litigio collettivo, in cui si frammentano e si
ricompongono discussioni filosofiche, guerre scientifiche, interventi
sociologici, mobilitazioni di associazioni. Nascera' davvero un secondo Eden?
Intanto, aleggia lo zolfo di battaglie legali interminabili, con parcelle a sei
zeri.
Agosto
1999


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