Domenica 24 Ottobre 1999

 

Nei guai cinque bracconieri
Scoperti e denunciati dalla polizia provinciale
Il comandante: «Dobbiamo armare gli agenti»
Cacciavano una specie protetta «Bisogna usare un deterrente»



s.c.

TERAMO. Cinque bracconieri sono stati denunciati dalla polizia provinciale di Teramo dal mese di settembre ad oggi. La specie protetta, cacciata nei territori di Giulianova e Roseto, e' la tortora con il collare reale, esemplare che si distingue dalla tortora "semplice" per il caratteristico colore grigio delle piume intorno al collo.
La denuncia dei bracconieri all'autorita' giudiziaria ha sollevato un problema che da alcuni mesi sta dividendo l'amministrazione provinciale ed il corpo di polizia provinciale. La Provincia di Teramo e' una delle amministrazioni italiane che ha escluso, nel proprio regolamento, la dotazione delle armi al corpo di polizia. In Abruzzo solo il corpo di polizia provinciale di Chieti non e' armato, anche se il regolamento dell'amministrazione ammette formalmente l'uso delle armi.
«Armare il corpo di polizia provinciale non significa dotare ogni singolo agente di uno strumento di repressione», afferma il comandante del corpo, Enzo Ranalli, «perche' l'uso delle armi avrebbe comunque finalita' difensive». Il fenomeno del bracconaggio, in una provincia estesa come quella di Teramo, e' difficile da controllare, e spesso gli agenti hanno dovuto affrontare i bracconieri armati di fucile, a mani nude. «Accadono episodi che coinvolgono gli agenti e i bracconieri», continua Ranalli, «persone quest'ultime che sono consapevoli di delinquere e si comportano a volte alla stregua di criminali». L'anno scorso, ad Arsita, i carabinieri colsero in flagranza di reato alcuni bracconieri, e le armi avevano la matricola abrasa. «Chi vive con i proventi del bracconaggio», rileva ancora il comandante Ranalli, «commette un reato penale, che e' perseguibile anche con tre anni di carcere. L'azione dei bracconieri e' delittuosa, e gli agenti privi di armi non si sentono protetti».
Le armi sarebbero un deterrente, quindi, secondo il comandante, stabilirebbero cioe' un rapporto paritetico tra il soggetto che infrange la legge, cioe' il bracconiere, e l'agente di polizia provinciale che lo coglie in flagrante. «Le armi», conclude Ranalli, «sono uno strumento efficace anche per spaventare i cani randagi o gli altri animali che spesso, durante il lavoro di controllo, ostacolano l'attivita' dell'agente».

Ottobre 1999