
Sabato 20 febbraio 1999
Quando il cane diventa un'arma
Come evitare che pitbull e rottweiler costituiscano
un pericolo: due tesi a confronto
di ANTONIO CIANCIULLO
A ROMA l'hanno usato per rapinare una pizzeria. A Napoli per cercare di
sfuggire a una retata di polizia. In tutta Italia le cronache si riempiono delle sue
vittime. Il cane da combattimento va considerato ormai a tutti gli effetti un'arma. Non
un'arma impropria, occasionale, fortuita, ma uno strumento offensivo accuratamente messo a
punto e scientificamente utilizzato.
Questo non vuol dire che tutti coloro che girano con un pitbull, o un rottweiler, o un
dogo argentino debbano automaticamente essere considerati dei potenziali criminali. Ci
sono ottime ragioni per possedere una pistola e alcuni sono tenuti a farlo. La differenza
e' che chi va in giro con una rivoltella rivela immediatamente da che parte sta: o la sua
arma e' regolarmente denunciata oppure l'illecito e' dichiarato in partenza. Nel caso dei
molossi allevati per uccidere il porto d'arma non e' previsto: tutto e' regolare finché
il danno non viene compiuto.
Lo stillicidio di bambini assaliti da proiettili a quattro zampe ha reso insostenibile la
situazione. Ma cosa fare di questi cani piu' efficienti di una doppietta? La risposta
divide il campo in maniera ideologica. C'e' chi ritiene che tutto il problema consista
sostanzialmente in un esperimento sbagliato: a forza di incroci sono state costruite
macchine da guerra che fanno paura, quaranta chili di muscoli efficientissimi e geni
superaggressivi. Per cancellare l'errore la Gran Bretagna nel 1991 ha votato il Dangerous
Dogs Act che obbliga i proprietari di cani pericolosi a sterilizzarli e a portarli sempre
in giro con la museruola pena l'abbattimento dell' animale. In Francia due mesi fa e'
stata varata una legge simile per i pitbull.
A questa tesi si contrappone quella sostenuta dalla Lega antivivisezione (Lav) e dai Verdi
che ribalta il punto di vista dominante rilanciando l'accusa al mittente: il pitbull sa
anche essere un animale dolcissimo, tutto dipende da come viene trattato. Se lo si riempie
di bastonate e lo si affama prima di metterlo di fronte a bastardini vivi, in modo da
abituarlo a uccidere, la colpa e' dell'addestratore non dell'addestrato. Inoltre il giro
d' affari di mille miliardi attorno alle scommesse clandestine sui combattimenti tra cani
non sara' mai smantellato finché si disporra' solo di una multa da 10 milioni (un solo
molosso da combattimento rende dieci volte di piu'): bisogna prevedere l'arresto.
In realta' le due tesi sono in buona misura complementari. Certamente il mercato delle
scommesse clandestine controllato dall'ecomafia non puo' essere affrontato come se si
trattasse di un'infrazione del codice della strada. Ma d'altra parte non si puo' pensare
che una specie selezionata per il combattimento si comporti come uno spinone. Occorre
intervenire su entrambi i fronti perché ormai e' arrivato il momento di smettere di
spacciare armi travestite da cani.
febbraio 1999


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