
Giovedi' 22 aprile 1999
PRATI, UNA
FORTUNA BESTIALE
Un quartiere libera Lupotto dal canile
di BEATRICE PICCHI
ROMA _ Lupotto torna a casa stamattina: lo
aspettano i gatti che mangiavano nella sua ciotola tra i tavolini della pasticceria dietro
viale Mazzini, una doppia porzione di biscottini e un osso fresco di giornata. Poco dopo
le nove lascera' langusto box del canile comunale di Porta Portese dove e' stato
rinchiuso per sette giorni e sette notti. Andra' a prenderlo Laura che, conoscendolo bene
ormai, non portera' con se' nemmeno un guinzaglio: «Lui li odia. In tutti questi mesi non
appena ne vedeva uno scappava, terrorizzato, per andare a nascondersi dietro le auto, i
muri dei cortili. Tanto basta che mi veda e saltera' nel portabagagli senza fare alcuna
difficolta'».
E percorsi pochi chilometri, da Porta Portese a Prati, per Lupotto, un bastardino
di quattro anni, comincera' la bella vita. Perché lui ancora non lo sa, ma e' stato
adottato dal quartiere. Residenti, giornalisti Rai, commercianti hanno smosso mari e monti
perche' quel lupacchiotto con il naso rosa riconquistasse la sua liberta': hanno scritto
allufficio capitolino per i diritti degli animali, lanciato un appello alla radio,
distribuito foto volantini affinche' qualcuno lo prendesse in casa. La battaglia e'
cominciata giusto una settimana fa, quando alcuni romani videro arrivare in via Cantore,
davanti alla pasticceria Pontisso diventata ormai la cuccia di Lupotto, il furgone
dellaccalappiacani. Erano venuti a prenderlo gli uomini del canile comunale che
avevano in mano la copia di una denuncia sulla quale era scritto che quel cane randagio
rappresentava un pericolo perché aveva morso una ragazza, (era stata la giovane, infatti,
ad aver sporto denuncia dopo essere stata aggredita e graffiata da Lupotto). «Ho tentato
in tutti i modi di fermare quel cappio, ma e' stato tutto inutile. Lo hanno portato via
che guaiva», racconta Laura, la proprietaria della pasticceria, gia' padrona di un
doberman di cinque anni.
Fu lei a trovare il cagnolone davanti alle sue vetrine una mattina di dicembre:
«Mi guardai intorno alla ricerca del padrone, ma non vidi nessuno. Allungai una mano per
accarezzarlo e lui tento' di mordermi: poi capii la sua reazione quando vidi alcune
cicatrici sulla schiena e sul collo. Io, comunque, gli rifilai una sberla sul muso e da
allora ci siamo sempre intesi». Gli preparo' una scodella di pane e latte e da quel
giorno, tutte le mattine, Lupotto aspetta che Laura e il marito Giancarlo escano di casa
(la coppia abita a pochi metri dalla pasticceria) per andare tutti insieme ad aprire il
locale. La sera, invece, scorta Raffaella e Rossana, le ragazze che lavorano alla cassa e
al bancone, fino alla fermata dellautobus, in via Oslavia. E da questa mattina la
vita di Lupotto riprende, una passeggiata, una brioche, un pisolino sotto il platano,
certo di aver conquistato una nuova casa.
aprile
1999


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