Domenica 9 maggio 1999

Un cane ”bastardo” per nemico

di ALFONSO MARCHESE

Una furia. Esplosa dentro di lui all’improvviso, accecandogli la vista e armandogli la mano contro Boro, un bastardo di due anni che gli aveva rubato sette rocchi di salsiccia. La collera comunque covava da tempo. Pronta ad erompere con tutta la sua forza alla minima occasione. Gustavo in realta' ce l’aveva con quel cane per un altro tipo di furto: gli aveva sottratto le tenerezze della moglie. Insomma, tra lui e il bastardo si era creata una sorta di competizione. Quando Gustavo entrava nel soggiorno e si avvicinava a Gertrude, Boro digrignava i denti. E se si azzardava a fare una carezza si alzava in piedi sulle quattro zampe e guaiva tenendo ritta la coda quasi in posizione d’attacco. Gertrude si inteneriva di fronte a quella sorta di gelosia animale. «E lasciami stare - diceva al marito - Non vedi che lui non vuole? Vieni qui dalla tua mammina...» Lo prendeva e se lo teneva in grembo, grattandogli la zona dietro l’orecchio sinistro. Allora Boro socchiudeva gli occhi e si abbandonava al piacere che gli procurava la padrona.
Gustavo questo non poteva soffrirlo. Guardava quella scenetta con invidia e con la coda tra le gambe si rintanava nel suo laboratorio, ricavato da un angolo dell’ampio garage, mettendosi a segare assi e ad inchiodarli per farne cassetti e cornici. Vi passava ore ed ore. Concentrato su lavoretti che erano un modo come un altro per distogliere l’attenzione da quello che era diventato per lui un cruccio. Non voleva mettersi in competizione con Boro. Con un cane. Per giunta senza ”pedigree”. Sarebbe stata un’umiliazione Nonostante cercasse di evitare l’imbarazzante confronto, sentiva a volte la sua lingua impastata di rancore. Che iniziava a gogogliargli prima nello stomaco, per poi salire fino alla bocca.
Se l’avesse raccontato in giro nessuno vi avrebbe creduto, eppure quel rancore aveva un fastidioso sapore di aglio. Cosa che lui non aveva mai potuto soffrire. Ma era bastato Boro perche' l’aglio gli diventasse familiare. Nel senso che se lo sentiva costantemente in bocca. Ne' l’abitudine l’aveva portato alla tolleranza. Anzi, ne aveva accresciuto l’inquietudine.
Il peggio, comunque, doveva arrivare. E infatti, puntuale come aveva sospettato, giunse a destinazione: Boro gli aveva rubato il posto a letto. Getrude lo preferiva a lui. Gustavo sapeva che sarebbe stata fatica inutile imbastire una discussione con la consorte. Di primo acchito, gli era venuta voglia di dare tutto in mano all’avvocato per la richiesta di separazione. Poi aveva pensato ai vantaggi del matrimonio con Gertrude, la quale continuava come prima a pulirgli e stiragli i panni, a prepargli da mangiare, e così aveva deposto l’arma giudiziaria. Doveva pero' far sentire la sua protesta.
Gli baleno' un’idea geniale: la costruzione di una cuccia ad altezza d’uomo, dove sistemare una brandina e un comodino. Quando l’opera fu terminata e sistemata nella camera da letto, Getrude gli chiese: «Ma cos’e' quest’affare?» Come sarebbe a dire cos’e'? Eppure si vedeva bene dalla forma cosa fosse. Probabilmente la stazza avrebbe potuto trarre in inganno. «E’ la cuccia per me» aggiunse Gustavo con tono greve. «Che carino! Hai visto Boro quant’e' sensibile papa'?»
Gustavo inghiottì l’amaro che gli era venuto dritto dritto dallo stomaco in subbuglio. Mastico' con il sapore d’aglio che aveva invaso la bocca e fece buon viso a cattivo gioco. La provocazione non aveva sortito l’effetto sperato.
Un giorno accadde che Gustavo stava da solo in cucina con Boro, il quale approfittava di un attimo di distrazione del padrone per afferrare sette rocchi di salsiccia che stavano poggiati sulla tavola. Li teneva stretti tra i denti con fare trionfante. Quando Gustavo si volto' e vide quella scena, fu colto da un moto furibondo. Prese il mattarello e comincio' a picchiare, picchiare e poi picchiare la povera bestia. Una vicina chiamo' i vigili urbani. Un’altra la Protezione animali. La moglie, che nel frattempo era tornata, i carabinieri.
«Ecco signor giudice qual’e' la storia» disse Gustavo al pretore che per tutto il tempo se n’era rimasto rintanato sulla poltrona ascoltando la deposizione dell’accusato. Alla fine, il magistrato emise la sentenza: due mesi di reclusione e quattro milioni e mezzo di multa. Esultarono gli animalisti e sprizzo' di gioia la moglie. Anzi la ex moglie. Gertrude infatti non voleva saperne piu' di lui. All’uscita dal palazzo di giustizia non le rivolse neanche uno sguardo. Al contrario di Boro, che aveva atteso fuori in braccio ad un’amica della consorte. Il cane lo guardo'. E quando gli passo' vicino gli fece: bau! Gustavo colto alla sprovvista ebbe un sussulto. E vide gli occhi di Boro che ridevano. Quasi gli dicessero: pero' ti ho messo paura, figlio d’un uomo!

Maggio 1999