In uno degli ultimi casi a
decidere e' stato un piccolo di bassotto che davanti ai
giudici ha scelto «papa'»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK - Dopo un infuocato processo per custodia durato
diversi giorni, il giudice decide di affidare il responso all'«erede»
della coppia in procinto di divorziare. «Mettete il piccolo in mezzo
all'aula del tribunale - decreta il magistrato - e vediamo con quale dei due
contendenti decide di andare». Con grande rammarico della donna e tra la
sorpresa generale dell'aula, il «piccolo» (un cucciolo di bassotto) si
pronuncia a favore del «padre».
L'incidente, vero (e' successo tempo fa in un tribunale
di New York), illustra un fenomeno sempre piu' frequente in America: la
lotta per la custodia di un animale, in seguito al divorzio tra due persone
che l'hanno tirato su insieme e con altrettanto amore. Secondo un'indagine
del New York Times il problema riguarda un numero altissimo di
americani, soprattutto in una citta' come New York, dove le coppie senza
prole suppliscono alla lacuna intrecciando legami affettivi profondi con
cani, gatti e pappagalli.
«Ho incontrato una dozzina di simili coppie solo negli
ultimi due anni - spiega al Times Stephanie Lafarge, psicologa dell'Aspca,
esperta di relazioni col mondo animale - e il numero e' in aumento».
L'avvocato Arthur Hirsch, specializzato in divorzi, l'ha quantizzato. «Una
separazione ogni 20 ha a che fare con problemi di custodia animale - spiega
-, in molti casi la battaglia e' rovente ed emotiva come quella per i figli».
Il dilemma, per molti, e' evitare traumi psicologici al
cucciolo. «Dopo la separazione, avevo paura che Luca non accettasse la mia
nuova ragazza, visto che era attaccatissimo alla mia ex - racconta Michael
Cecchi, che per sei anni ha condiviso il suo terrier Luca con l'ex moglie
Jennifer McConnell -, prima di farla venire in casa - puntualizza - ho
chiesto la sua approvazione».
Dopo tre anni di custodia informale, la McConnell ha
preteso di mettere tutto per iscritto: tre giorni alla settiamna con lei, 4
con Cecchi. «Ero assalita dal complesso della matrigna - racconta -, temevo
che Luca cominciasse ad amare di piu' l'altra». Davanti al divorzio, anche
cani e gatti si ritrovano schiacciati tra due incudini come molti figli. «Quando
litigavamo Mia mugolava e si e' persino ammalata - racconta Kathy Yates - il
veterinario mi ha spiegato che i cani sono barometri emotivi».
Alla fine la signora e il suo ex hanno trovato una
sistemazione civile per Mia: week-end in campagna con lui e il resto della
settimana con lei. «Ho la sensazione che stia cercando ancora di farci
rappacificare - assicura la Yates -, ogni volta che siamo tutti e tre
insieme si eccita e quando ci lasciamo diventa molto agitata».
Non tutti trovano un accordo e in questi casi bisogna
ricorrere al tribunale. «Al processo entrambe le parti cercano di
dimostrare i motivi per cui l'animale sarebbe piu' felice con loro - incalza
l'avvocato Hirsch - e per corroborare la loro tesi chiamano testimoni come
parenti e vicini di casa». Il problema, secondo alcuni, e' che la legge
americana considera gli animali alla stregua di oggetti e non esseri umani.
Tutto cio' potrebbe cambiare presto sulla scia del movimento di avvocati che
sta cercando di riscrivere lo status giuridico di scimmie, cani e serpenti.
Un tema di cui presto tutta l'America parlera', grazie a «Dog Park».
L'attesissimo film, sugli schermi dal prossimo 24 settembre, che parla della
guerra di un ex coppia per assicurarsi la custodia dell'adorato cane.
La trovata, singolare, della pellicola e' che il cane e'
rimasto talmente traumatizzato dalla sfrenata vita sessuale della donna dopo
il divorzio che e' costretto ad andare dallo psichiatra. «Non mi
meraviglierei se un giorno questo tipo di argomentazione entrasse a fare
parte dei processi per custodia - precisa la Lafarge -, a testimonianza di
quanto intima e' ormai la nostra relazione con gli animali».
Alessandra Farkas ,