Terni, condannato un cacciatore:
trasportava i suoi sei cani chiusi in gabbia
Secondo il pretore sono punibili le condotte ingiustificateche causano dolore
anche se non c'e' la volonta' di infierire
MILANO - Chiudere sei cani in una gabbia e trasportarli nel
bagagliaio dell'auto e' reato di maltrattamento. Perche' il cane soffre e, come
si legge in una sentenza di Maurizio Santoloci - all'epoca dei fatti pretore a
Terni - «il concetto di maltrattamento puo' essere inteso anche come
maltrattamento-dolore». Persino nel caso in cui non esista la volonta' di far
male, visto che Santoloci ha definito «punibili le condotte ingiustificate che
incidono sulla sensibilita' dell'animale, producendo dolore, pur se non
accompagnate dalla volonta' di infierire».
Caso e sentenza sono tornati d'attualita' perche' il
pronunciamento di Santoloci e' entrato a far parte della Rassegna giuridica
umbra. Protagonista della vicenda un cacciatore, di ritorno da una battuta al
cinghiale. Fermato per un controllo a un posto di blocco della Polizia stradale
di Terni, invece che con una multa e' rincasato con una denuncia per
maltrattamento di animali. Nel bagagliaio della sua macchina, infatti, gli
agenti hanno trovato non solo la carcassa del cinghiale che aveva abbbattuto, ma
anche sei cani: segugi di grossa taglia, letteralmente chiusi uno sopra l'altro
- in modo tale da non potersi muovere - dentro un'angusta gabbia metallica. Una
scena che ha colpito a tal punto gli agenti della Polstrada umbra e il loro
comandante provinciale, il colonnello Occhiuzzi, quella sera in servizio con i
suoi uomini, da indurli a sporgere denuncia.
+ così che si e' giunti al dibattimento davanti al pretore -
con il colonnello Occhiuzzi a fare da testimone - e quindi alla sentenza di
colpevolezza espressa da Santoloci. «Nel caso il maltrattamento di tipo
ambientale e comportamentale appare provato oggettivamente dalle dimensioni
della gabbia, dall'impossibilita' di movimento per gli animali, dal numero
eccessivo di cani stipati...», motivava Santoloci. Che oltre a fare il
magistrato e' anche vicepresidente del Wwf, «ma onorario - sottolinea subito -
e poi di un ente morale. Insomma, in aula il mio essere "terzo" e'
fuori discussione», e che, oggi, racconta come si e' arrivati a una sentenza
del genere. «Anche se la multa e' stata di poche centinaia di migliaia di lire,
qui contava il principio. Prima del 1985, il maltrattamento di un animale era
considerato reato nel senso che offendeva il comune sentimento di pieta' degli
uomini, provocando ribrezzo in chi assisteva alle sevizie. Allora - prosegue
Santoloci - ero pretore di Amelia (Terni) e in una sentenza affermai che
l'animale era capace di soffrire in quanto essere vivente. La Corte di
Cassazione confermo' la sentenza e fu l'inizio di una nuova storia
giurisprudenziale perche' si sancì che le vittime del maltrattamento erano gli
animali. Così anni dopo si arrivo' alla modifica dell'articolo 727 del codice
penale (quello sul maltrattamento appunto ndr)». E così si e' giunti a
considerare maltrattamenti non solo gli episodi di violenza, percosse o
uccisione, ma anche i comportamenti «ambientali o ecologici» in grado di
provocare sofferenza negli animali.
Mario Porqueddu