Sabato 16 Ottobre 1999

E' reato far soffrire gli animali

Terni, condannato un cacciatore: trasportava i suoi sei cani chiusi in gabbia
Secondo il pretore sono punibili le condotte ingiustificateche causano dolore
anche se non c'e' la volonta' di infierire


MILANO - Chiudere sei cani in una gabbia e trasportarli nel bagagliaio dell'auto e' reato di maltrattamento. Perche' il cane soffre e, come si legge in una sentenza di Maurizio Santoloci - all'epoca dei fatti pretore a Terni - «il concetto di maltrattamento puo' essere inteso anche come maltrattamento-dolore». Persino nel caso in cui non esista la volonta' di far male, visto che Santoloci ha definito «punibili le condotte ingiustificate che incidono sulla sensibilita' dell'animale, producendo dolore, pur se non accompagnate dalla volonta' di infierire».

Caso e sentenza sono tornati d'attualita' perche' il pronunciamento di Santoloci e' entrato a far parte della Rassegna giuridica umbra. Protagonista della vicenda un cacciatore, di ritorno da una battuta al cinghiale. Fermato per un controllo a un posto di blocco della Polizia stradale di Terni, invece che con una multa e' rincasato con una denuncia per maltrattamento di animali. Nel bagagliaio della sua macchina, infatti, gli agenti hanno trovato non solo la carcassa del cinghiale che aveva abbbattuto, ma anche sei cani: segugi di grossa taglia, letteralmente chiusi uno sopra l'altro - in modo tale da non potersi muovere - dentro un'angusta gabbia metallica. Una scena che ha colpito a tal punto gli agenti della Polstrada umbra e il loro comandante provinciale, il colonnello Occhiuzzi, quella sera in servizio con i suoi uomini, da indurli a sporgere denuncia.

+ così che si e' giunti al dibattimento davanti al pretore - con il colonnello Occhiuzzi a fare da testimone - e quindi alla sentenza di colpevolezza espressa da Santoloci. «Nel caso il maltrattamento di tipo ambientale e comportamentale appare provato oggettivamente dalle dimensioni della gabbia, dall'impossibilita' di movimento per gli animali, dal numero eccessivo di cani stipati...», motivava Santoloci. Che oltre a fare il magistrato e' anche vicepresidente del Wwf, «ma onorario - sottolinea subito - e poi di un ente morale. Insomma, in aula il mio essere "terzo" e' fuori discussione», e che, oggi, racconta come si e' arrivati a una sentenza del genere. «Anche se la multa e' stata di poche centinaia di migliaia di lire, qui contava il principio. Prima del 1985, il maltrattamento di un animale era considerato reato nel senso che offendeva il comune sentimento di pieta' degli uomini, provocando ribrezzo in chi assisteva alle sevizie. Allora - prosegue Santoloci - ero pretore di Amelia (Terni) e in una sentenza affermai che l'animale era capace di soffrire in quanto essere vivente. La Corte di Cassazione confermo' la sentenza e fu l'inizio di una nuova storia giurisprudenziale perche' si sancì che le vittime del maltrattamento erano gli animali. Così anni dopo si arrivo' alla modifica dell'articolo 727 del codice penale (quello sul maltrattamento appunto ndr)». E così si e' giunti a considerare maltrattamenti non solo gli episodi di violenza, percosse o uccisione, ma anche i comportamenti «ambientali o ecologici» in grado di provocare sofferenza negli animali.

Mario Porqueddu


Ottobre 1999