Venerdi' 19 Novembre 1999

IL CASO

In trasferta da tutta Europa per fabbricare un “killer”
In Europa ci sono pene severe per chi fa diventare cattivi gli animali: gli addestratori stranieri vengono a Roma

di MASSIMO MARTINELLI

Attraversano le Alpi con grosse jeep attrezzate: davanti i sedili, dietro gabbie metalliche, dove ci sono i loro cani. Quasi sempre molossi. Oppure dobermann. Sono gli allevatori e gli addestratori tedeschi, quelli che hanno selezionato le razze canine piu' diffuse in Italia, compresi i rottweiler o i pastori tedeschi. Da loro, per decenni, sono andati gli allevatori italiani per acquistare i nonni e bisnonni di molti cani che oggi sono nelle nostre case. Oggi, invece, sono loro che vengono in Italia. Perche' in Germania, come nel resto d’Europa, si e' sparsa la voce: da noi la legge non esiste, almeno quella che punisce chi vende, chi addestra e chi compra cani pericolosi. Così, da qualche mese, alcuni importanti addestratori laziali hanno ricevuto le visite dei colleghi tedeschi, che chiedono solo un po' di ospitalita' per addestrare i loro cuccioli all’attacco, alla difesa, alla guardia, utilizzando armi, bastoni e altri sistemi forti. Tutte cose che in Germania, dove esiste una legge all’avanguardia, sono vietate. «E’ tutto vero - conferma Candido Ceracchi, addestratore e titolare di una societa' di sicurezza che per conto della Walt Disney controlla, senza armi ma con i cani, obbiettivi dove ci sono bambini - Da noi in Italia sembra che sia tutto consentito. Così, da qualche mese, arrivano molti addestratori dall’estero per istruire i loro cani all’attacco verso l’uomo. Restano in Italia il tempo necessario, poi ripartono». Sono andati anche da lui, ma Ceracchi ha lasciato perdere.
Arriva così, neanche una settimana dopo la morte del professore stroncato da un infarto mentre cercava di sottrarre il suo cane all’attacco di due pit bull, la conferma che in questo settore l’Italia e' il fanalino di cosa d’Europa. «Basterebbero poche norme - dice Candido Ceracchi - le stesse che esistono gia' in Germania, Francia e Inghilterra. Se si fosse verificato da loro un caso come quello del professore, si sarebbe immediatamente accertata la provenienza di quei pit-bull. E se chi li ha venduti ai due ragazzi non fosse un allevatore con regolare autorizzazione statale, sarebbe stato denunciato e processato penalmente, insieme ai proprietari dei cani. E tutti avrebbero pagato subito multe salatissime, per decine di milioni». «Faccio questo esempio - continua Ceracchi - per dire che solo da noi e' consentito vendere cani liberamente, con gli annunci sul giornale. E’ pericoloso, non solo per le razze considerate a rischio, come i pit bull o i rottweiler. Perche' tutti cani sono a rischio: in Usa, ad esempio, hanno dovuto creare un club in difesa del Dalmata, quello della Carica dei 101, perche' volevano vietare la razza dopo che si erano verificati moltissimi casi di attacchi ai bambini».
Ma non e' solo un problema di allevamento. L’Italia e' l’unico paese dove e' possibile entrare con il cane al guinzaglio, senza troppe difficolta': «In Inghilterra e in Irlanda, chi vuole portare il suo cucciolo deve lasciarlo, a sue spese, sei mesi in quarantena al canile municipale; in Svezia e Norvegia quattro mesi e così nel resto d’Europa - spiega Ceracchi - E dovunque bisogna essere in regola con le vaccinazioni». «Anche questo e' un problema - aggiunge - perche' la prima cosa da fare per evitare gli incidenti e' quella di prevenirli, senza lasciare in giro cani pericolosi di cui non si conosce la provenienza». Per Ceracchi, quindi, la ricetta e' semplice: «Chi vuole un cane e decide di non prenderlo al canile, si dovrebbe rivolgere ad un allevatore di quelli autorizzati dall’Enci, l’Ente nazionale competente. Altrimenti rischia di mettersi in casa un animale pericoloso, per se e per gli altri».

 

Novembre 1999