
Domenica 18 aprile 1999
Gatti da tennis
ROMA _ Sulla riva sinistra del Tevere,
all'altezza del Ponte Duca d'Aosta, una dozzina di gatti randagi vivacchia intorno alla
rete di recinzione del campo da tennis del circolo dei Lavori Pubblici. Una mattina, uno
di questi gatti si arrampico' su un ramo di un alberello stento e lì rimase come in
agguato. Era un gatto grosso dalle orecchie smangiucchiate, segno di carattere rissoso.
Dalle fessure dei suoi occhi sembrava lampeggiare una gelida minaccia, percio' dava
l'impressione di essere una fiera solitaria in attesa di avventarsi su una preda, magari
uno dei grandi topi che risiedono sulle sponde del fiume. Sul campo da tennis, dalla parte
dell'alberello stento, giocava quella mattina il pensionato Paoletto che era invecchiato
nella certezza di poter restare sempre giovane in virtu' dello sport. Di giovane, piu' che
altro, gli era rimasta la curiosita', tanto che, per guardare il gatto che s'arrampicava,
manco' una palla facile e, di conseguenza, perse un punto della partita.
Stava ancora brontolando contro se stesso e la sua sfortuna, quando gli arrivarono alle
spalle le grida della gattara che arrivava con una sporta chiamando a raccolta i suoi
protetti. La gattara era forse piu' giovane di Paoletto, ma molto meno giovanile, anche se
una fresca fantasia la induceva a chiamare i gatti ognuno col nome che gli aveva dato.
Inevitabilmente, Paoletto manco' un'altra palla, questa piu' facile della prima, allora
lancio' un'imprecazione e sbatte' la racchetta a terra, secondo il rito dei campioni
perdenti. Si volto', furibondo, e tanto per cominciare constato' che il gattaccio era
sceso dall'alberello e si strusciava contro gli stivali della gattara, dalla quale veniva
vezzeggiato col nome di "Pulcino". Vide altri gatti arrivare al piccolo trotto,
"Lilla", "Mimì", "Moretto", e da piu' lontano, qualcuno al
galoppo, "Ciu'-ciu'", "Sissi", "Maddi-Maddi". Folgoro',
almeno tento' di folgorare, la gattara con occhi da basilisco e tuono':
- Signora, ma non lo vede che stiamo giocando?
La gattara resse con falso candore l'occhiataccia di Paoletto e rispose, serafica:
- Ah, me credevo che stavate a lavora'.
- Faccia, faccia la spiritosa, sa! - ribatte', ma con un minimo di ritardo, Paoletto - Ho
perso, per colpa di queste maledette bestiacce, chiaro? Ho perso, va bene? E lei rinfaccia
pure! - aggiunse in crescendo - Lavorare, giocare, lei si credeva, non si credeva, sfotte!
Io ho lavorato trentasette anni, se vuol saperlo, trentasette anni!
- Bravo! - esclamo' la vecchia; e aggiunse con falsa modestia: - Io, so' quaranta che
lavoro e ancora lavoro - aprì la sporta e comincio' a distribuire viveri ai gatti - Me
dispiace che lei ha perzo, ma io nun ho perzo mai, perché nun ho giocato mai nimmanco a
briscola. In ogni caso, facci er favore, nun je dica "bestiacce maledette" a ste
pore crature che nun fanno gnente de male. Ce sta la guera, se guardi la televisione,
havoja a bestiacce maledette...
- Senta! - la interruppe Paoletto, strillando - Le ho detto che noi qui stiamo giocando e
lei non puo' disturbarci...
- E puro io sto a gioca', in un certo senzo...
- Gia', ma noi lo paghiamo, il campo!
- E perché, io nun la pago, la trippa? - rintuzzo' la gattara che cominciava a
imporporarsi sul viso scarno e vizzo - Che se penza lei, che er macellaro me l'arigala la
trippa e li gricili e tutto quello che arimedio pe' 'ste pore crature? Tie'! - e mostro' a
Paoletto due scatolette di cibo per gatti - Ce vo puro ar supermercato a spenne quatrini
pe' li vecchierelli che nun me magneno artro! Li posso fa' morì de fame, li vecchierelli
che nun so' piu' boni a ciancica' la trippa? - fece un ampio gesto con ambo le braccia -
Ma facci er favore, facci! Mo' e' lui solo che gioca, lui solo che paga, lui solo che nun
se po' disturba'...
- Ma vada a quel paese! - taglio' corto Paoletto, sempre strillando.
- E io ce vado! - fece, pronta, la gattara.
- Dove?
- A quer paese, no? Nun m'hai detto d'anna' a quer paese? Magara e' un paese de gente
civile, mejo de questo andove li vecchi bacucchi stanno in mutanne a gioca' e nun vonno
esse disturbati nimmanco dall'opera ummanitaria! Ma vatt'a ripone, a Matusalemme! Ma nun
cia'i paura pe' le coronarie a fatte st'ammazzate de sporte?
- Io sono in perfetta forma! - affermo' Paoletto, sempre piu' inviperito.
- E allora, mentre io vo a quer paese, tu vedi d'anna' affanculo - concluse pacatamente la
gattara.
Paoletto sospese la sua mattinata sportiva. Fece la doccia, si rivestì e torno' a casa di
malumore. Si sentiva due volte sconfitto e percio' meno giovane del solito.
aprile 1999
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