Le specie «immigrate» sono 110:
i cambiamenti colpa dei mutamenti del clima sempre piu' caldo
ROMA - Il primo arrivo' nel 1902: un pesce
dagli occhi enormi, il corpo allungato e un nome scientifico difficile da
pronunciare, «Atherinomorus lacunosus». Proveniva dal Mar Rosso, aveva
attraversato il Canale di Suez, aperto 33 anni prima, per stabilirsi anche nel
Mediterraneo. Novantasette anni dopo, l'antico «Mare nostrum» si sta
trasformando in un bacino tropicale: la sua temperatura e' aumentata di mezzo
grado negli ultimi decenni e altri 109 pesci provenienti da acque calde lo hanno
«scelto» come seconda casa. Contribuendo a modificare l'intero ecosistema del
bacino, gia' messo in crisi dall'inquinamento e dagli scarichi industriali di
sostanze tossiche, dai metalli pesanti agli idrocarburi.
Il fenomeno e' fotografato da una
ricerca dell'Icram, l'istituto per la ricerca sul mare, presentata ieri dal
ministro dell'Ambiente Edo Ronchi. Secondo lo studio, i cambiamenti della fauna
mediterranea sono «una conferma dei mutamenti climatici in atto». E che anche
l'Italia si stia tropicalizzando lo dimostrano, spiega il ministro, i bruschi
rovesci climatici di quest'estate, in cui a giornate caldissime si alternano
piogge violente.
Così le 530 specie ittiche «autoctone»
devono ormai confrontarsi con le 110 immigrate (55, di cui 40 gia' molto
diffuse, provenienti dal Mar Rosso, le altre dall'Atlantico, con qualche arrivo
dovuto all'importazione di specie tropicali per gli acquari o allo scarico in
mare delle acque di zavorra delle navi).
La lotta per la sopravvivenza
potrebbe evolversi a sfavore delle specie mediterranee. Un esempio per tutti: i
grandi squali, sempre piu' rari nel Mediterraneo per colpa dell'avvelenamento
delle acque e delle reti a strascico, che ne distruggono le uova. Mentre
proliferano felicemente altri squali piu' piccoli e «stranieri».
«L'arrivo di nuove specie e' un
fenomeno inquietante, un mare piu' pulito farebbe da barriera ai pesci tropicali
- commenta il ministro Ronchi -. Cerchiamo di ridurre l'inquinamento, di
installare piu' depuratori».
E i cambiamenti si sentono anche
a tavola: oggi, magari senza saperlo, consumiamo triglie tropicali e vongole
filippine (specie ormai dominante in Adriatico) al posto di quelle nostrane. E
nei nostri piatti arrivano ricciole atlantiche e cernie indopacifiche. Secondo
il ministero, i nuovi arrivati non sono pericolosi per gli umani: a patto di
evitare gli aculei velenosi del pesce scorpione (finora pero' presente solo
sulle coste palestinesi e israeliane) e non mangiare crudo il pesce palla, le
cui carni contengono una tossina dannosa, la tetradontina. Ma qualche giorno fa,
a Piombino, un bambino di 10 anni e' stato morso al piede da un pesce serra, un
altro «immigrato» dai Tropici.
Ester Palma