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Pentima di Corfinio

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"Come è incomparabilmente grande qui la Natura, ugualmente grandi sono le vestigia della Storia. Corfinium fu per una lunga serie di anni il centro della più violenta rivoluzione d’Italia, la terribile sollevazione degli alleati contro i privilegi della sovranità assoluta. In questa città gli eroici Marsi, i Sanniti e altre popolazioni strinsero alleanza, si dichiararono indipendenti da Roma. Crearono, sotto Quinto Silio, consoli e Senato e chiamarono la capitale del loro Stato Corfiunium Italica"

Ferdinando Gregorovius,
Una settimana di Pentescoste in Abruzzo, 1871

D'Abruzzo

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Corfinio
Il paese della Lega Italica

Testo di Panfilo Petrella
Foto di Giovanni Lattanzi e Andrea Papa

Corfinio sorge su un promontorio, a 345 s.l.m., che domina lacorfinio2.bmp (29062 byte) sottostante valle, solcata dall’Aterno e dal Sagittario: i due fiumi si uniscono prima di Popoli e formano la Pescara. Questa posizione geografica di privilegio ha influito sui destini delle popolazioni che vi si installarono nell’antichità e che ebbero una importanza che noi oggi non possiamo ancora valutare nella dimensione giusta perché non è stata posta la dovuta attenzione alla preistoria e alla protostoria, di cui Corfinio conserva tracce importanti.

Tale attenzione è stata sempre indirizzata a Corfinio, come capitale della Lega Italica nella guerra sociale (91 a.C.), al fatto che in queste contrade per la prima volta sia risuonato il nome Italia e all’assedio di Giulio Cesare (48 a.C.): certo, sono questi gli episodi dominanti della storia della cittadina, ma non bisogna dimenticare la presenza dell’uomo preistorico nella nostra valle. Essa è ampiamente documentata dai giacimenti delle Svolte di Popoli, dai ritrovamenti litici di Impianezza, sul Morrone; nel Colle delle Fate (Roccacasale), poi, ci sono resti consistenti di un insediamento che risale al II millennio a.c., che presentano chiari elementi di influenza delle civiltà orientali.

Per la comprensione della fisionomia delle stirpi pre-peligne e dei passaggi fondamentali dell’antropizzazione del territorio, bisogna rievocare lo scenario preistorico della valle, sommersa da un lago miocenico. Alle gole di Popoli, infatti, una diga naturale sbarra il passo alle acque che defluiscono nella valle: il lago riceve le acque dell’Aterno, che ha concluso l’erosione fra i monti Urano e Mentino, in tempi storici, aprendosi la strada nelle stupende gole di S. Venanzio, del Vella, del Gizio, del Sagittario e di numerosi corsi torrentizi che scendono dalle montagne, i cui segni sono ancora visibili. Il lago è alimentato anche da numerose sorgenti pedemontane, vallive e da quelle considerevoli di Capo Pescara, e si innalza alla quota di 450 m. nel momento della massima espansione, come si può rilevare anche oggi dalla linea terminale del piano corfinio3.bmp (21814 byte)lacustre alla Badia, sotto Pacentro, all’lncoronata di Sulmona, sotto Bugnara, a Raiano: in quest’ultima cittadina, c’è una contrada chiamata La Spiaggia, forse toponimo di ancestrale ricordo del lago .In certi momenti dalle acque emerge solo il Monte S. Cosimo o Cerrano, dalla strana forma. Una enorme massa d’acqua, naturalmente, tracima dallo sbarramento di Popoli e sottopone la cresta a violente erosioni: ad un certo punto si verifica il momento-rottura e le acque si riversano violentemente verso l’avanfossa di Alanno, facendosi strada verso l’Adriatico.

Altri ipotizzano una violenta eruzione di un vulcano, posto sulla linea di sbarramento, che frantumando la barriera naturale, apre il passaggio alle acque, con le conseguenze dello svuotamento del lago e della comparsa delle terre lacustri. Si delinea, così, in ogni caso, l’attuale conformazione oroidrografica. Scendono a valle i primi abitanti, cacciatori prima e agricoltori poi, che formano il nucleo originario.

Sulle origini dei peligni sono state formulate varie ipotesi: secondo Ovidio, noi proveniamo dalla Sabina per effetto di uno di quei movimenti migratori dell’antichità, che vanno sotto il nome di Ver Sacrum.

Secondo Festo, invece, noi proveniamo dall’Oriente; è una ipotesi che trova riscontro, fra l’altro, in elementi linguistici, rilevati dal Prof. Giammarco, che ha messo in evidenza l’influenza delle popolazioni orientali installatesi nelle nostre zone nel corso delle invasioni pre-indoeuropee; esse avrebbero dato il nome del loro fiume Drin, a due nostri fiumi, il Tirino, che nasce ai piedi di Capestrano, e il Trigno, che segna i confini tra l’Abruzzo e il Molise: tutti con la medesima base e identici fonemi dell’idronimo Atrno, da cui Aterno.

Dunque, i Peligni: Plinio ci offre la famosa tripartizione: "Paelignorum Corfinienses, Superequani et Sulmonenses". Le prime indicazioni storiche risalgono al 343 (ma ci sono altre indicazioni di date precedenti): essi ebbero un ruolo importante, quasi sempre alleati dei Romani, come nelle tre guerre puniche, nella battaglia di Zama (201 a.C.) e in quella di Pidna (168 a. C.), che aprì la Via Orientale alla romanizzazione.

Il momento di maggior fama lo raggiunsero nella guerra sociale (91 a.C.), quando, con altri popoli italici, i Peligni e i Marsi si scontrarono con Roma, che non voleva concedere la cittadinanza. In breve, dopo il fallimento dei tentativi di riforma di Scipione, di Sempronio e Caio Gracco, gli Italici decisero di rompere gli indugi e di battersi per la conquista del fondamentale diritto di essere trattati da pari a pari dai cives romani.

Fra i popoli italici fu stipulato il Patto Sociale e Corfinio fu elevata al rango di capitale col nome Italica : nella nostra valle, dunque, per la prima volta, alla presenza dei Peligni, naturalmente, dei Marsi, Sanniti, Apuli, Bruzii, Campani, Etruschi, Frentani, Irpini, Lucani, Marrucini, Opici,Oschi, Piceni, Sabelli, Sabini, Salentini, Umbri, Vestini e altri ancora, risuonò il nome ltalia, come simbolo di aggregazione di popoli contro Roma, la città-stato.

A detta di tutti gli storici, la guerra fu tanto aspra e cruenta che, anche al tempo di Vespasiano, servì come punto di riferimento nella cronologia degli avvenimenti, che venivano indicati come accaduti prima o poi la guerra sociale. Oltre trecentomila morti... La superstizione popolare creò e ingigantì episodi, come quelli di statue che grondavano sangue, fiumi che si tingevano di rosso, pioggia di pietre, parti di creature fantastiche, sintomi evidenti della grande ansietà popolare per le terribili conseguenze delle operazioni belliche.

Alla guerra parteciparono illustri personaggi, come Mario e Silla. Corfinio cadde il 30 aprile dell’89 e la capitale fu portata a Boiano: i tempi erano maturi per una conclusione dal momento che le operazioni militari volgevano in favore di Roma e gli Italici si erano resi conto dell’inutilità del proseguimento della guerra. Si giunse abbastanza rapidamente alla fine delle ostilità, salvo qualche resistenza sporadica, con la concessione da parte dei Romani della cittadinanza e la trasformazione delle città italiche in municipi romani.

Corfinio ricomparve agli onori della storia quando scoppiò la guerra civile fra Cesare e Pompeo: la cittadina Peligna era presidiata dai Pompeiani. Cesare varcò il Rubicone il 10 gennaio del 49 a. C. (le date sono quelle del calendario pre-giuliano), in rapida successione occupò Rimini, Pesaro, Fano, Ancona, Gubbio, Fermo, penetrò in Abruzzo e pose l’assedio a Corfinio (15 febbraio).

Nello stesso giorno Cesare cominciò le opere di fortificazione dell’assedio e invio Marco Antonio a Sulmona, altra roccaforte pompeiana, ma i civili e i militari lo accolsero giubilanti, senza opporre alcuna resistenza. L’assedio terminò sette giorni dopo, con la resa delle truppe pompeiane, prontamente inglobate nelle legioni di Cesare, dopo giuramento.

Cesare parla di un vallo castellisque, predisposto intorno alle mura di Corfinio durante l’assedio. Alla fine dell’800, la descrizione di Cesare attirò l’attenzione degli studiosi, che si misero alla ricerca del Vallo. Nel 1879 Napoleone III inviò a Corfinio il suo aiutante in campo, il barone di Stoffel, alla ricerca del vallo. Per espresso invito della Direzione Generale dell’Antichità,

Antonio De Nino fece da guida al barone. Furono effettuati saggi, ma senza risultati soddisfacenti; dopo un mese di inutili ricerche, lo Stoffel decise di tornare in patria, non senza prima aver esortato il De Nino, per il quale aveva grande ammirazione, a proseguire le ricerche. De Nino le proseguì, scavando una trincea dietro la Basilica di S. Pelino e, approfondendo lo scavo, incontrò tracce di un fossato e credette di aver localizzato il vallo.

Lo Stoffel, prontamente informato, espresse le sue perplessità. Il De Nino stilò una relazione nella quale esprimeva il suo convincimento e, con grande onestà intellettuale, vi riportò le obiezioni dello Stoffel. In ogni caso, gli scavi effettuati dal De Nino furono veramente proficui perché riportarono alla luce importanti iscrizioni, tra cui una fondamentale in dialetto peligno, conservata al Museo di Napoli, che costituirono il nucleo lapidario del Museo di Corfinio, fondato negli anni successivi.

ll nome Corfinio scompare e venne sostituito con quello di Pentima, Pentoma, e altre variazioni, ricomparendo solo nel 1928. Ritroviamo il nome di Pentima in Tancredi da Pentima, noto architetto medioevale che fu l’artefice del complesso delle 99 Cannelle a L’Aquila, sorto fuori dai quarti della città di Federico, di cui è diventato il simbolo.

 

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