D'Abruzzo

Fuochi d'Inverno
Una luce
prima dell'alba

L’8 dicembre Atri festeggia la Regina del cielo illuminando le ultime ombre della notte con una miriade di fuochi di gioia

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Come si arriva ad Agnone: A 14, uscita Val di Sangro. Proseguire per Villa Santa Maria e quindi per il bivio Rosello - Agnone. 
La ‘ndocciata si svolge il 24 dicembre, con inizio alle ore 17,30.
Per informazioni: Municipio, Tel. 0865/77231, Fax 0865/77512; Pro-Loco, Tel. 0865/77249.
AGNONE E DINTORNI
Agnone vanta molte chiese interessanti tra cui quelle di San Marco, Sant’Antonio Abate, Sant’Emidio, San Francesco. Degni di nota alcuni antichi edifici civili. Da visitare la Pontificia Fonderia Marinelli, con annesso Museo della campana, le Biblioteche Riunite e la Biblioteca Emidiana. L’ambiente circostante è caratterizzato da aree tratturali, sorgenti, boschi. Numerose le attività artigianali, tra cui spiccano la lavorazione del ferro battuto e del rame. La gastronomia natalizia offre le tradizionali ostie ripiene. Ottima è la produzione di confetti.

 

Fuochi d'Inverno
E adorarono il fuoco

Testo di Mauro Gioielli Foto di Luciano D'Angelo

La sera della vigilia di Natale, ad Agnone, un fiume ardente corre per le strade. Gli uomini della campagna rinnovano la ‘ndocciata, un sistema religioso complesso, uno status liminale vissuto ed esorcizzato

La festività del Natale ha radici precristiane. La Natività così come oggi la conosciamo è infatti la celebrazione in chiave moderna di antichi riti pagani come quella in onore di Mithra (figlio del Sole e Sole egli stesso) oppure la festa inneggiante al Dies Natalis Solis Invicti che cadeva appena dopo il solstizio d’inverno, quando l’astro fulgente, dopo il massimo declinio equatoriale, aveva da poco ripreso la sua ascesa celeste.
Questo momento di passaggio critico comincia a percepire concretamente l’eliorinascenza stagionale.
Il sacro giorno della nascita del dio Sole aveva valore magico, propiziatorio e simbolico, poiché la Stella Invitta rappresentava sia la luce da contrapporre alle tenebre (le lunghe notti invernali), sia il calore che doveva scaldare le fredde giornate cheimerine. Il Cristianesimo è riuscito a trasferire a sé tali pratiche religiose, modificando la nascita del Sole con la nascita di Cristo, e la luce solare con la luce divina del Figlio di Dio.
Il processo sincretico ebbe inizio non prima del IV secolo. In precedenza, infatti non c’era stata concordanza sulla data e per celebrare l’avvenuta nascita di Gesù si erano indicati più giorni, frutto di macchinosi calcoli fatti sulla base delle antiche scritture. Ma alla fine fu preferita la notte tra il 24 e il 25 dicembre, perché tale nox postsolstiziale coincideva con l’occasione in cui, ormai da tempo, si festeggiava una luminosa genesi soprannaturale.
Se è vero che il Natale discende da antiche cerimonie dedicate al dio Sole, quale luce e calore, non deve stupire che, nonostante siano trascorsi molti secoli, gli antichi significati siano sopravvissuti. Infatti il fuoco, un elioemblema universale, è l’elemento fondamentale di numerosi rituali natalizi europei ed extraeuropei.

Natale molisano

Molte feste molisane celebrate in occasione della Natività sono caratterizzate da falò di diversa forma che, accesi la sera della vigilia della festa, svolgono una funzione purificatrice e rigeneratrice o interpretabile quale magia simpatica. Tali fuochi rituali sono denominati in vari modi: faglie, farchie, stuccie, cartocci, favone, smrka (vocabolo in uso tra le minoranze slave). Ma il nome più usato è ‘ndocce, derivante dal vocabolo torcia, poi divenuto ‘ntorcia, ‘ndorcia e infine ‘ndoccia. Questi riti ignei risultano significativamente diffusi in numerosi luoghi della regione: Agnone, Acquaviva Collecroce, Bagnoli del Trigno, Belmonte del Sannio, Pescopennataro, Castelverrino, Filignano, Montefalcone nel Sannio, Pietrabbondante, Roccavivara, Oratino, Poggio Sannita, Pietracupa, Sant’Angelo del Pesco. E fino ad alcuni anni orsono (con recenti tentativi di revival) erano in uso grossi falò o piccoli fuochi natalizi pure in molte altre località.

La ‘ndocciata di Agnone

Secondo una etimologia il nome Agnone deriverebbe dal latino ignis (fuoco), agnis in sanscrito (il dio Agni, nella dottrina indù, è il fuoco in terra). Sembra questa una tesi piuttosto improbabile, forse di comodo. Sta di fatto che la più nota e sontuosa delle feste natalizie molisane è la ‘ndocciata di Agnone, consistente in una sfilata di numerose ‘ndocce, particolari fiaccole di cui, a fine Ottocento, Giuseppe Cremonese diede una descrizione: “Si fanno con fastelli di rami o di liste d’abete dai nostri giovani contadini, i quali sogliono accenderle la sera della Vigilia del Santo Natale, e procedendo dalla campagna tutti riuniti in città, vanno a fermarsi, chi avanti le proprie case e chi in quelle dei padroni o parzionali, facendo scoppiare pure delle botte, mentre suonano le campane delle chiese”.
Le ‘ndocce agnonesi, cosi come oggi vengono preparate, sono strutture dalla caratteristica forma a raggiera, detta pure a ventaglio. Si tratta di torce multiple di numero pari, variabile da due fino a esemplari costituiti da ben venti fuochi. Le ‘ndocce vengono trasportate da uno o più portatori, in costume contadino, che introducono la testa tra i raggi e afferrano saldamente due fiaccole tenendo in equilibrio l’intera struttura. Il materiale usato per la fabbricazione delle ‘ndocce agnonesi è l’abete bianco. Il legno d’abete è rintracciabile nei boschi e nelle fustaie di un’area piuttosto vasta che comprende vari comuni della provincia di Isernia. L’abete usato per la festa di Agnone è reperito nel bosco di Montecastelbarone. I tronchi sono ripuliti dalla corteccia e tagliati in sottili listelli di circa un metro e mezzo, legati tra loro a mazzo e sovrapposti fino a raggiungere l’altezza di alcuni metri. Questo lungo gruppo di masselli legnosi è arricchito in cima da steli secchi di ginestre. Le ‘ndocce così fatte, allorché ardono, scoppiettano caratterizzando anche sonoramente il rituale. L’abete è pianta resinosa e di facile combustione. Inoltre è un legno non molto pesante da trasportare. Forse, però, la scelta dell’abete ha anche altre ragioni. Esso, infatti, è il più importante fitosimbolo della Natività. L’abete è una pianta che esprime criptovalenze spirituali e materiali. Generalmente considerato albero cosmico, è una delle più evidenti forme dei culti arborei, espressioni religiose forti e persistenti nelle culture popolari. In origine legato a rituali pagani, l’abete è poi divenuto per i cattolici il sacro albero natalizio.

Il fiume di fuoco

La ‘ndocciata di Agnone anticamente si svolgeva a sera tarda fino al sopraggiungere della mezzanotte. Oggi, per esigenze turistiche, viene anticipata di alcune ore, ed ha inizio con l’arrivo della prima oscurità serale. Una volta le ‘ndocce erano accese soprattutto nell’agro della città e davanti agli usci delle case. Oggi esse sono destinate ad una spettacolare sfilata nel centro cittadino e ad un enorme falò finale. Sono decine e decine le ‘ndocce condotte in processione, che trasformano le strade in un rilucente fiume di fuoco. Insieme ai torcioni sfilano pure trattori appositamente allestiti che ripropongono scene di vita contadina. 
Secondo una diffusa credenza popolare molisana, i fuochi di Natale servono a “scaldare Gesù Bambino”. In realtà questa ingenua demo-interpretazione sminuisce i reali significati di tali riti ignei. Le fiaccole natalizie sono l’agone eterno tra Cautes e Cautopates, sono il simbolo di un’attrazione universale per uno dei quattro elementi primordiali. La ‘ndocciata è un sistema religioso complesso, uno status liminale in cui la comunità cade ed esorcizza. L’espressione autentica del culto agnonese è una perfetta teofania che si realizza attraverso l’adorazione del fuoco.

 

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