La
solidarietà cristiana si fonda sull’esempio di Cristo e sul suo
Vangelo a favore dei poveri, al punto che Egli ritiene fatto a sé
ciò che viene fatto ai fratelli più "piccoli" e deboli.
La
carità di Cristo, quindi, rende la vita della persona una
"esistenza per", un dono che si sviluppa e realizza nella
relazione con Dio e con i fratelli.
Il
rapporto dell’uomo con Dio, come dice Giovanni nella sua I Lettera
(4,20) trova "visibilità" e "senso" nel rapporto
che l’uomo stesso è capace di avere con l’umanità povera.
Tale
rapporto non può basarsi su sentimenti di vaga compassione per i mali
di tante persone, vicine e lontane o di compatimenti delle loro
situazioni, per poi lasciare che continuino a vivere nelle stesse
condizioni ma esso, invece, deve presupporre la determinazione ferma e
continua di impegnarsi per il bene di ogni "fratello".
La
carità è facilmente ridotta a elemosina, o comunque a "dare
cose", anziché proporsi come persone; l’esercizio della
carità è vissuto come fatto marginale nella vita individuale e
comunitaria e spesso in termini assistenzialistici invece che in gesti
promozionali. Tutto ciò impedisce alla carità cristiana di essere
"metodo" di evangelizzazione.
Riscoprire
e incarnare le caratteristiche evangeliche della carità deducendole
dall’Amore di Gesù per l’uomo, costituisce impegno primario di
ogni discepolo del Signore: un amore che privilegia l’essere
anziché il dare, l’offrirsi invece dell’offrire, il rapporto
personale e diretto anziché l’organizzazione.
La
riscoperta di questo volto della carità evangelica è compito di
tutta la Chiesa e di tutti gli organismi e i servizi pastorali.
Specifico
compito della Caritas Diocesana è di far passare questi contenuti
attraverso proposte di vita e di comportamenti, offrendo ai valori la
mediazione dei fatti.
Per
questo incoraggio e benedico.